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Durata del permesso di soggiorno
Il permesso di soggiorno è a tempo indeterminato se è in corso un rapporto di lavoro, se ci si astiene dal commettere reati e se ne è stato richiesto il rinnovo.
Si può affermare che il permesso di soggiorno è a tempo indeterminato: basta avere in corso un rapporto di lavoro ed astenersi dal commettere reati… e, ovviamente, chiedere il rinnovo del permesso.
La regola-base, però, è che comunque la durata del permesso non può superare quella del visto che lo precede logicamente e cronologicamente, né può essere superiore, inizialmente:
- a 3 mesi, se rilasciato per cure mediche, affari o turismo;
- ad 1 anno, se rilasciato per motivi di studio o di formazione anche professionale (ma è rinnovabile di anno in anno in caso di frequenza di corsi pluriennali);
- a 2 anni, se rilasciato per ricongiungimento familiare;
- a 9 mesi, se rilasciato per lavoro stagionale da svolgersi nel corso di più rapporti contrattuali, instaurati sin dalla domanda di nulla osta oppure posti in essere con autorizzazione successiva alla domanda iniziale (estensione del periodo iniziale di 6 mesi);
- a 6 mesi, se rilasciato per lavoro stagionale da svolgersi nel corso di un unico rapporto contrattuale;
- ad 1 anno, se rilasciato per lavoro subordinato a tempo determinato;
- a 2 anni, se rilasciato per lavoro subordinato a tempo indeterminato o per lavoro autonomo.
Una volta che il permesso inizialmente rilasciato raggiunge, di rinnovo in rinnovo, la complessiva durata di 6 anni, è possibile, per lo straniero, chiedere la carta di soggiorno a tempo indeterminato, purché dimostri di essere in possesso di sufficienti mezzi di sostentamento per sé e per i familiari eventualmente conviventi.
In tal caso, richiede la carta di soggiorno alla Questura sia per sé che per il coniuge e i figli minori conviventi; può richiedere la carta anche se è coniuge o figlio minore o genitore convivente con cittadino italiano o di altro Paese dell’Unione Europea o straniero titolare di carta di soggiorno, che risieda in Italia, o che con questi effettui il ricongiungimento familiare.
La richiesta è presentata su apposito modulo, disponibile presso la Questura. In essa, occorre indicare:
- generalità del richiedente;
- luoghi in Italia in cui ha soggiornato negli ultimi 5 anni;
- attuale residenza;
- fonti di reddito nel loro preciso ammontare (vale anche l’eventuale pensione di invalidità).
La richiesta è corredata dai seguenti documenti:
- copia del passaporto o documento equipollente o documento di identità rilasciato da una autorità italiana, dal quale comunque risulti la nazionalità, data e luogo di nascita del richiedente;
- copia della dichiarazione dei redditi o del CUD rilasciato dal datore di lavoro l’anno precedente alla richiesta, da cui risulti un reddito non inferiore all’importo dell’assegno sociale;
- certificati di casellario giudiziale e carichi pendenti;
- 5 foto formato tessera.
Per il coniuge e i figli minori conviventi che intende iscrivere nella carta di soggiorno, il richiedente ripete sul modulo le medesime indicazioni e presenta i medesimi documenti a corredo della domanda. Inoltre, deve documentare:
- il loro status, rispettivamente, di coniuge e di figli (i relativi certificati sono legalizzati dalla rappresentanza diplomatica italiana, insieme alla traduzione conforme in italiano);
- la sussistenza di un alloggio (attestazione del Comune di residenza oppure certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’ASL);
- la non inferiorità del reddito all’importo dell’assegno sociale (se la richiesta vale per un familiare), al doppio di tale assegno (se vale per 2 o 3 familiari), al triplo (se vale per 4 o più familiari).
La documentazione sullo status, però, non è necessaria se il figlio entra in Italia con visto per ricongiungimento familiare.
Se il richiedente la carta è coniuge o genitore convivente di cittadino italiano o di altro Stato dell’Unione Europea o straniero già titolare di carta di soggiorno, nella domanda dovranno risultare:
- le generalità del richiedente e del coniuge o figlio;
- i certificati da cui risulti lo status di coniuge o genitore convivente.
All’atto della presentazione della domanda, viene restituita ricevuta della stessa, ma questa ricevuta non vale come carta di soggiorno provvisoria.
Il rilascio della carta avviene entro 90 giorni dalla richiesta.
Una volta rilasciata, essa vale come documento di identità per un termine massimo di 5 anni. In sede di rinnovo (sempre che, decorsi dieci anni dal primo ingresso in Italia, non si preferisca chiedere la cittadinanza italiana), occorre corredare la domanda con una nuova foto.
Il titolare della carta ha i seguenti diritti:
- entrare in Italia senza necessità di esibire il visto;
- svolgere sul territorio nazionale ogni attività lecita, salvo quelle dalla legge espressamente vietate allo straniero o riservate al cittadino italiano;
- accedere ai servizi ed alle prestazioni della Pubblica Amministrazione;
- partecipare alla vita pubblica locale.
La carta di soggiorno non può essere rilasciata se nei confronti del richiedente è in corso un giudizio penale per l’accertamento della violazione dei delitti previsti dagli articoli 380 e (ma solo nella forma non colposa) 381 del codice di procedura penale, oppure se sia stata pronunciata sentenza di condanna (salvo che intervenga la riabilitazione).
La carta di soggiorno viene invece revocata se il rilascio avvenga prima del verificarsi di tali ipotesi: la revoca è disposta con provvedimento del Questore, avverso il quale è possibile proporre ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale.
In caso di revoca, se non si procede all’espulsione amministrativa e sempre che vi siano i requisiti, lo straniero può comunque ottenere il permesso di soggiorno.
Si procede invece all’espulsione amministrativa se ricorrono:
- gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale;
- se lo straniero appartiene alle categorie di soggetti previsti dagli articoli 1 legge 1423/56 (abitualmente dediti a traffici delittuosi, o che vivano abitualmente con i proventi di attività delittuose, o dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) ed 1 legge 575/65 (indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso), sempre che si sia ritenuto di applicare in via cautelare una delle misure previste dall’art. 14 legge 55/90.