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I vizi del consenso matrimoniale
generalità: Carenza di sufficiente uso di ragione; grave difetto di discrezione di giudizio; incapacità di assumere gli obblighi essenziali per cause di natura psichica; ignoranza; errore; dolo; simulazione (o esclusione); condizione; timore.
Generalità
Il consenso matrimoniale è un atto umano e personalissimo che i due coniugi, liberi da impedimenti, debbono manifestare legittimamente, per dare vita al patto matrimoniale. Perché il consenso delle parti sia integro, è necessario che i nubendi intendano realmente contrarre le nozze senza che la loro volontà sia viziata, altrimenti il loro matrimonio è annullabile. I coniugi dovranno considerare aspetti essenziali del matrimonio da cui non possono prescindere, come l’unità e l’indissolubilità e la prole. Dovranno altresì avere quella maturità necessaria ad assumere gli obblighi e le responsabilità dello status di coniuge, né dovranno essere affetti da malattie di tipo psichico che precludano la possibilità di condurre regolarmente la vita coniugale.
I vizi del consenso sono in tutto nove:
- carenza di sufficiente uso di ragione;
- grave difetto di discrezione di giudizio;
- incapacità di assumere gli obblighi essenziali per cause di natura psichica;
- ignoranza;
- errore;
- dolo;
- simulazione (o esclusione);
- condizione;
- timore.
Mancanza di sufficiente uso di ragione (il coniuge esprime il consenso, ma non sa quello che sta facendo)
Al momento del consenso i coniugi debbono necessariamente essere capaci di intendere e volere e dunque secondo il lessico canonico avere “sufficiente uso di ragione”. La norma canonica stabilisce che sono incapaci di contrarre matrimonio coloro che mancano di sufficiente uso di ragione Non è necessario dunque che esista una malattia o qualsiasi sorta di anomalia psichica, basta che in quel momento il soggetto non abbia il sufficiente uso di ragione, anche se tale mancanza proviene da una causa esterna, circostanziale e momentanea come ad esempio la droga o l’alcool. L’uso di ragione è assolutamente necessario perché si possa parlare di atto umano essendo questa una norma richiesta dal diritto naturale. Pertanto i soggetti che nel momento di consentire non hanno il sufficiente uso di ragione, sono incapaci di contrarre matrimonio, indipendentemente dalle cause di questa mancanza.
Grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri essenziali del matrimonio (il coniuge immaturo per il matrimonio)
Il grave difetto di discrezione di giudizio attiene alla mancanza di capacità estimativa o deliberativa espressa mediante un atto della ragione. Tale discernimento riguarda la capacità di valutare ovvero giudicare attentamente i pro e contro delle diverse possibilità che, in caso di consenso matrimoniale, si riferiscono: 1) a un determinato matrimonio; 2) a una determinata persona con la quale si dovrà dividere senza riserve la totalità della vita nell’impegno delle relazioni interpersonali; 3) alla vita coniugale che deve durare per sempre.
I diritti e doveri essenziali del matrimonio, oggetto della capacità estimativa di cui sopra, sono tutte quelle azioni e comportamenti che i coniugi dovranno adottare in costanza di matrimonio affinché la loro vita coniugale si realizzi pienamente: amore, dialogo, preoccupazione per l’altro coniuge e per la prole, assistenza fedeltà etc. etc. A questo riguardo si tenga anche conto che oggetto generale del consenso matrimoniale è la comunione di tutta la vita tra i coniugi e dunque questa include altri valori umani che trascendono il solo valore giuridico.
E’ possibile definire la discrezione di giudizio anche come maturità psicologica proporzionata al passo impegnativo e decisivo del matrimonio. Dunque detta discrezione è intesa come una maturità psicologica non comune e la sua mancanza può essere definita come immaturità.
Perché tale immaturità sia causa di nullità matrimoniale deve avere in se il requisito della “gravità”, e dunque non qualsiasi immaturità (lieve) potrà essere presa in considerazione per un annullamento.
Impossibilità di assumere gli obblighi esenziali del matrimonio per cause di natura psichica (il coniuge psicopatico)
Il matrimonio cristiano è fondato su principi ben definiti e chiari: unità, indissolubilità comunità di vita ordinata al bene dei coniugi ed alla procreazione. Non tutte le persone hanno pertanto la capacità di assumere gli obblighi essenziali alla vita coniugale perché sofferenti di psicopatologie incompatibili con una piena vita matrimoniale. La normativa canonica fa comunque riferimento non solo alle malattie psichiche vere e proprie, ma anche a tutte le anomalie psichiche in senso lato.
Come esempio di alcune “cause di natura psichica” enumeriamo: “l’omosessualità, il “transessualismo”, altre anomalie sessuali o psicosessuali come il “narcisismo”, “alcolismo”, “tossicodipendenza”, “sadismo”, “masochismo”, noncuranza o negligenza strafottente (“menefreghismo”), “satirismo”, “ninfomania” per quanto riguarda la comparte, introversione fino alla in comunicazione con l’altra parte e quindi incapacità di comunione interpersonale etc.
L’impossibilità in questione deve essere presente nel momento della celebrazione del matrimonio, cioè nel momento di consentire. Le cause di natura psichica pertanto “incapacitano” il soggetto ad assumere gli obblighi nel momento di contrarre e quindi gli impediscono di emettere un consenso matrimoniale valido.
L’impossibilità tuttavia non deve essere perpetua, ma può essere anche transitoria. La valutazione se la causa di natura psichica sia tale da rendere nullo il matrimonio verrà valutata in sede di processo canonico. A questo proposito giova riportare una espressione di Giovanni Paolo II: “Il fallimento dell’unione coniugale non è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei contraenti, i quali possono avere trascurato, o usato male, i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione, oppure non avere accettato i limiti inevitabili ed i pesi della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, sia per lievi patologie che non intaccano però la sostanziale libertà umana. Una vera incapacità è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia che comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente la capacità di intendere o volere del contraente.”
Ignoranza (il coniuge non conosce come nascono i figli)
Affinché si abbia il consenso matrimoniale è necessario che i contraenti non ignorino che il matrimonio è un consorzio permanente tra un uomo e una donna ordinato alla procreazione della prole mediante una certa cooperazione sessuale.
Con il termine consorzio permanente si vuole affermare che il matrimonio non è una relazione fugace ma una istituzione stabile e permanente. Inoltre la caratteristica eterosessuale è richiesta dalla stessa natura del matrimonio, giacché esso è ordinato alla procreazione. Si richiede infine che gli sposi non ignorino che la procreazione avvenga con il peculiare concorso del proprio corpo.
La norma in oggetto potrebbe sembrare oggi anacronistica, ma si pensi che essendo questa applicabile in ogni parte del globo abitato è possibile incontrare delle situazioni di sottosviluppo ove tale tipo di ignoranza esista realmente.
Errore (il coniuge si sbaglia)
L’errore è da intendersi come una falsa conoscenza della realtà, e può ricadere sia sulla persona che si sposa, sia su una sua qualità, sia su una qualità del matrimonio, ovvero sulle proprietà essenziali e la dignità sacramentale del matrimonio.
L’errore di fatto sulla persona riguarda in concreto la persona del contraente. Ad. es. pensavo di sposare Tizio ed invece ho sposato Caio. E’ evidente che la volontà in questo caso è viziata ab origine avendo il coniuge manifestato il proprio consenso relativamente ad una persona diversa da quella che in realtà ha sposato.
L’errore sostanziale riguarda la qualità di una persona. Questa qualità può essere qualsiasi, senza nessuna restrizione o limitazione, purché sia voluta direttamente e principalmente dalla parte. Solo in questo caso, quando una precisa qualità di qualunque natura essa sia è intesa “direttamente e principalmente” come oggetto immediato e prevalente della volontà dell’altra parte, l’errore in tale qualità rende nullo il matrimonio. Ad esempio Tizio, appassionato ciclista semiprofessionista sposa Caia ritenendola, per errore, anch’essa ciclista e comunque grande appassionata di questo sport. E’ evidente che avendo Tizio basato direttamente e principalmente la volontà di sposare Caia sul presupposto (erroneo) della comune passione per lo sport potrà annullare il suo matrimonio.
L’errore circa le proprietà essenziali (unità ed indissolubilità) e circa la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale purché detto errore non determini la volontà. Ad esempio Tizio si sposa unicamente sul presupposto che il matrimonio non sia indissolubile e che, qualora un giorno si dovesse stancare del menage coniugale, potrà divorziare e risposarsi con altra persona. In questo caso è evidente il presupposto per la dichiarazione di nullità del matrimonio.
Dolo (il coniuge inganna volontariamente l’altro)
Il dolo può essere definito come un intento di inganno volontario del coniuge su una determinata circostanza fondamentale ai fini del consenso matrimoniale.
La norma canonica prescrive che colui il quale celebra il matrimonio, raggirato con dolo, ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente.
Il dolo pertanto presuppone in colui che lo pone in essere, l’intenzione deliberata d’ingannare. Un coniuge nasconde deliberatamente all’altro una circostanza tale che se l’altro l’avesse conosciuta non si sarebbe sposato. A seguito dell’inganno il coniuge ingannato pertanto cade in errore su una determinata circostanza e dunque il suo consenso non è più integro. Si pensi ad esempio al coniuge portatore di una gravissima malattia che comporta l’impossibilità di generare dei figli sani, ovvero sofferente di sterilità o di malattia venerea, il quale nasconda volontariamente queste circostanze all’altro coniuge. La persona ingannata mai avrebbe consentito al matrimonio se avesse conosciuto le reali situazioni. Da ciò la nullità del matrimonio.
Simulazione o esclusione (il coniuge ritiene a priori di divorziare in un prossimo futuro)
Se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà lo stesso matrimonio ovvero qualche elemento essenziale o proprietà del matrimonio contraggono invalidamente.
La simulazione è uno dei capi più frequenti di nullità matrimoniale e riguarda: 1) l’esclusione del sacramento o indissolubilità; 2) l’esclusione della prole 3) l’esclusione dell’unità.
Nel momento del consenso la parte finge di volere contrarre un matrimonio indissolubile ovvero ordinato alla procreazione ovvero ordinato all’esclusività di vita comune con una sola persona.
Quando si esclude l’indissolubilità la parte nello sposarsi ammette dentro di se la possibilità di divorziare qualora la vita coniugale dovesse fallire, ovvero esclude di avere a priori una prole, ovvero concepisce il matrimonio non come esclusività di rapporto con una sola persona bensì concepisce ad.es. relazioni adulterine.
Tutti questi elementi sono ovviamente in contrasto con le sostanziali caratteristiche del matrimonio e dunque comportano la nullità dello stesso. La prova della simulazione è relativamente semplice e viene fornita direttamente da parenti amici e conoscenti del coniuge che in tempo di fidanzamento abbiano sentito da questa persona affermazioni chiare e precise circa una sua volontà di ammettere il divorzio, ovvero di escludere la prole da un futuro matrimonio, ovvero infine di consentire relazioni adulterine in costanza di matrimonio.
La condizione (il coniuge si sposa solo a condizione che…)
E’ invalido il matrimonio contratto sotto condizione futura. La condizione presente o passata non comporta invece l’invalidità del matrimonio. Se dunque viene posta la seguente condizione al matrimonio: “ti sposo a condizione che tu sia un medico (condizione presente) oppure a condizione che tua abbia fatto il servizio militare (condizione passata)” il matrimonio sarà valido se effettivamente nel momento della celebrazione il coniuge è medico o se a suo tempo ha fatto il servizio militare. Non sarà invece valido ad es. il matrimonio in cui viene posta la condizione: “ti sposo a patto che tra un anno aprirai una gelateria nel centro storico di Roma”. In questo modo il legislatore ha cercato di evitare dei vincoli futuri e dunque, ancora incerti, al volontario consenso matrimoniale che comunque deve riguardare le qualità essenziali del matrimonio in se, matrimonio che deve essere avulso da circostanze dubbiose e comunque estranee.
Violenza o timore (ho paura…. quindi mi sposo)
E’ invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.
Solo il timore grave invalida il matrimonio. Non è il caso invece del timore reverenziale che tuttavia non è grave ma che tuttavia, a causa di diverse circostanze, potrebbe convertirsi in timore grave.
Il timore inoltre deve essere incusso dall’esterno da parte di un’altra persona. E’ comunque necessario che il timore incusso uno stato di inquietudine o paura per liberarsi dalla quale il soggetto è costretto a scegliere il matrimonio. Perché il matrimonio sia invalido, il timore deve incidere in modo decisivo nella volontà del soggetto che consente, senza tenere conto se era questa l’intenzione della persona che incute paura.