Accesso – associazione di consumatori – valutazione in ordine all’attualità
dell’interesse
Il Consiglio di Stato nella sentenza sottoriportata ribadisce il principio, già
affermato in altre precedenti pronunce, per il quale se è vero che non si può
in astratto negare la legittimazione del Codacons ad impugnare provvedimenti
che fissano tariffe relative a servizi pubblici. Tuttavia la domanda di accesso
deve avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile, e non può essere
generica; deve essere finalizzata alla tutela di uno specifico interesse
giuridico di cui il richiedente è portatore. Né tantomeno la domanda di accesso
non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell'operato della
pubblica amministrazione ovvero del gestore di pubblico servizio nei cui
confronti l'accesso viene esercitato.
Cons. Stato Sez. VI, 10-02-2006, n. 555
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il
CODACONS presentava domanda
di accesso, in
data 16 marzo 2004, rivolta al Ministero della giustizia, al procuratore generale
della Corte dei conti, all'Autorità per la protezione dei dati personali,
all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, alle P. I. s.p.a., e per
conoscenza alla Procura della Repubblica di Roma, volta ad avere atti e notizie relativi ad una
probabile convenzione intercorsa tra il Ministero della giustizia e P.
I., in ordine al servizio di notifica degli atti giudiziari.
1.1.
Nessuna amministrazione destinataria della richiesta rispondeva e, pertanto, il
Codacons adiva il T.a.r. del Lazio avverso il silenzio - rigetto.
1.2. Il
T.ar. adito, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso, osservando
che:
- quanto
agli atti preparatori della convenzione, l'istanza di accesso non sarebbe sorretta da un
interesse attuale, in quanto la convenzione non era ancora venuta in essere,
sicché non vi sarebbe alcuna prova della sua potenziale lesività per gli
interessi dei consumatori;
- quanto
alle altre notizie oggetto della domanda di accesso, l'istanza non avrebbe ad oggetto atti puntuali, ma
presupporrebbe un'attività di elaborazione di dati da parte
dell'amministrazione;
- scopo
reale della domanda di accesso
sarebbe quello di effettuare un inammissibile monitoraggio complessivo
sull'attività di P. I. s.p.a.
2.
Avverso tale sentenza, non notificata, il Codacons ha proposto appello,
notificato alle altre parti evocate nel giudizio di primo grado entro il
termine lungo annuale, in date 17 e 18 ottobre 2005.
Con
l'unico motivo di appello, articolato in sette paragrafi, si lamenta che:
-
sussisterebbe l'interesse all'accesso
da parte del Codacons, quale associazione di tutela dei diritti dei
consumatori, in quanto la convenzione tra Ministero della giustizia e P. I.
s.p.a., avente ad oggetto il servizio di notificazione degli atti giudiziari,
comporterebbe un aumento delle tariffe di notifica;
-
successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, e in particolare
in data 15 luglio 2004, è intervenuta la stipulazione della convenzione, il che
renderebbe attuale e fondata la domanda di accesso formulata dal Codacons;
-
sussisterebbe l'interesse all'accesso
anche prima della stipula della convenzione;
- il
Codacons avrebbe un potere esplorativo e di vigilanza sull'attività
dell'amministrazione preparatoria di provvedimenti potenzialmente lesivi dei diritti
dei consumatori;
- l'accesso è consentito non solo a
tutela di diritti soggettivi e interessi legittimi, ma più in generale a tutela
di situazioni giuridicamente tutelate, e tale sarebbe l'interesse di
un'associazione di tutela dei consumatori a conoscere tempestivamente di
iniziative in corso, lesive dei diritti dei consumatori.
3. L
'appello è infondato.
3.1. In
punto di diritto, giova premettere che, secondo gli orientamenti espressi dalla
giurisprudenza di questo Consesso, e ora codificati anche dalla l. n. 15/2005 che, benché inapplicabile
alla fattispecie in esame ratione temporis, assume valore di canone
interpretativo della disciplina vigente all'epoca della domanda di accesso proposta in data 16 marzo
2004:
- non si può in astratto negare la
legittimazione del Codacons ad impugnare provvedimenti che fissano tariffe
relative a servizi pubblici (argomenta da C. Stato, VI, n. 3166/2003; C.
Stato, VI, n. 4098/2002; C. Stato, VI, n. 565/2002, e, a contrario, da C.
Stato, VI, n. 3876/2003), fermo restando che essendo i provvedimenti tariffari
atti generali, il Codacons può spontaneamente intervenire nel relativo
procedimento, ma non ha titolo ad avere avviso di avvio del medesimo (C. Stato,
VI, n. 565/2002);
- la domanda di accesso deve avere un oggetto
determinato o quanto meno determinabile, e non può essere generica;
- la domanda di accesso deve riferirsi a specifici
documenti e non può
pertanto comportare la necessità di un'attività di elaborazione di dati da
parte del soggetto destinatario della richiesta (C. Stato, sez. VI, 20-05-2004,
n. 3271; C. Stato, sez. VI, 10-04-2003, n. 1925; C. Stato, sez. V, 01-06-1998,
n. 718);
- la
domanda di accesso deve essere finalizzata alla
tutela di uno specifico interesse giuridico di cui il richiedente è
portatore (C. Stato, sez. VI, 30-09-1998, n. 1346);
- la domanda di accesso non può essere uno
strumento di controllo generalizzato dell'operato della pubblica
amministrazione ovvero del gestore di pubblico servizio nei cui confronti l'accesso viene esercitato
(C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. VI, 17-03-2000, n.
1414, resa sulla domanda di
accesso
esercitata da CONDACONS per ottenere dalla OMNITEL la documentazione relativa
alla collocazione e potenza degli impianti fissi della rete di telefonia mobile
della città di Bologna);
- la
domanda di accesso non
può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, cui
sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda
di accesso è assente un
diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti (C.
Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; T.a.r. Lazio, sez. II, 22-07-1998, n. 1201,
resa sulla domanda di accesso
del CONDACONS mirante a prendere conoscenza di tutto il materiale - reclami,
denunce, provvedimenti disciplinari, spese per risarcimento - inerente a casi
di smarrimento o furto verificatisi in occasione di spedizioni postali
nell'arco di più anni);
- alle associazioni a tutela dei
consumatori, quale è il Codacons, l'ordinamento non riconosce un diritto di accesso diverso da quello
attribuito in generale dalla l. n. 241/1990 (ex plurimis, v.
C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283).
3.2.
Quanto, in particolare, a quest'ultimo profilo, giova considerare che non può disconoscersi, in
astratto, la legittimazione di un'associazione di tutela dei consumatori ad
esercitare il diritto di accesso
ai documenti
dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi
che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi, come ha già
avuto occasione di ritenere la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sul
punto, tra le tante, C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. IV,
26-11-1993, n. 1036 e C. Stato, sez. VI, 27-03-1992, n. 193).
Ma anche alle associazioni di tutela dei consumatori si
applica l'art. 22, l. n. 241/1990, che consente l'accesso non come forma di azione
popolare, bensì a tutela
di "situazioni giuridicamente rilevanti", e dunque anche per dette
associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e
attuale all'accesso
(C. Stato, sez. IV, 6-10-2001, n. 5291, resa sulla domanda di
accesso esercitata dal CONDACONS
in relazione agli atti inerenti lo svolgimento della lotteria Italia 1999,
collegata alla trasmissione televisiva "Carramba che fortuna".).
Vero è,
come questo Consesso ha già osservato (C. Stato, sez. V, 16-01-2004, n. 127,
resa sulla domanda di accesso
esercitata dal CODACONS in relazione agli atti della gara espletata dalla ATAC
s.p.a. per la realizzazione di tessere elettroniche a microprocessore), che
l'interesse che legittima la richiesta di accesso ai documenti
amministrativi va
considerato in termini particolarmente ampi tutte le volte in cui esso risulta
funzionale alla tutela di vaste categorie di soggetti, coinvolti nell'esercizio
di funzioni amministrative o nell'espletamento di servizi pubblici; questa
esigenza di una lettura estesa della posizione legittimante l'accesso si manifesta, in
particolare, quando la richiesta di accesso
è proposta per la tutela di interessi diffusi, direttamente connessi alla
pretesa collettiva alla trasparenza ed efficienza (nonché sicurezza) dei
servizi pubblici (v. ora art. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, codice
del consumo, in relazione ai diritti dei consumatori e utenti, e loro
associazioni)
Tuttavia,
pur così delineato nei suoi ampi confini, il diritto di accesso
non si configura mai come un'azione popolare (fatta eccezione per il peculiare
settore dell'accesso
ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell'esistenza di un
interesse differenziato della parte che richiede i documenti.La titolarità (o la rappresentatività) degli
interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto
alla conoscenza di tutti i
documenti
riferiti all'attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione
dei servizi all'utenza, ma solo un più limitato diritto alla conoscenza di
atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e
immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei
consumatori.
L'interesse
alla conoscenza, d'altro canto, non può essere negato a priori, ma va provato,
di volta in volta, considerando accuratamente tutti i concreti profili della
richiesta di accesso.
Pertanto,
anche se il diritto di accesso
è volto ad assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e a favorirne
lo svolgimento imparziale (come recita l'art. 22, l. n. 241/1990), rimane fermo che l'accesso è consentito soltanto a
coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e
che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione
soggettiva; la quale, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza
del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo, deve essere però
giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico ed indistinto
interesse di ogni cittadino al buon andamento dell' attività amministrativa.
3.3. Né
dalla normativa in materia di tutela dei consumatori di cui alla l. 30 luglio 1998, n. 281 (in vigore
all'epoca della domanda di accesso,
e ora trasfusa nel codice del consumo,d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) si può
desumere che le associazioni di tutela dei consumatori sarebbero portatrici di
una situazione giuridicamente qualificata ad esser edotti delle cause
determinanti l'inefficienza e l'inefficacia dei servizi pubblici.
In
proposito giova rilevare che, se è vero che la i>l. n. 281/1998 riconosce e garantisce
"i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e
degli utenti", ciò avviene (e può avvenire) ai soli fini e nelle sole
forme previste dalla legge: in particolare gli artt. 1 e 3, nel disciplinare le
modalità di tutela degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti, non
contempla un generale potere di
accesso
a fini ispettivi, ma esplicitamente limita la tutela (per la quale sono
legittimate ad agire le associazioni) ad ipotesi specifiche e cioè:
- alla
"inibitoria" giudiziale degli atti e comportamenti lesivi degli
interessi dei consumatori e degli utenti (lett. a);
- alla
adozione di " misure idonee " a correggere o eliminare gli effetti
dannosi delle violazioni accertate (lett. b);
- alla
pubblicazione del provvedimento su quotidiani nazionali o locali (lett. c) (C.
Stato, sez. VI, 01-03-2000, n. 1122).
Invece, la legge a tutela dei
consumatori non attribuisce alle associazioni dei consumatori un potere di
vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all'acquisizione
conoscitiva di atti e documenti
che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l'esercizio del
servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di
efficienza.
Siffatto
potere di controllo, generale e preliminare, è del tutto ultroneo alla norma
sull'accesso, che non
conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a
conoscere dei documenti
collegati a situazioni giuridiche soggettive. L'associazione non è titolare di
una situazione soggettiva che valga a conferirle un potere di vigilanza
sull'ente che offre il pubblico servizio, ma solo della legittimazione ad agire
perché vengano inibiti comportamenti od atti che siano effettivamente lesivi.
Immaginare
un "potere esplorativo" significa non solo eccedere la dimensione
comunque soggettiva del diritto di accesso,
aprendo gli orizzonti a fenomeni di giurisdizione di diritto oggettivo, ma
soprattutto trascurare gli equilibri sottesi alla disposizione dell'art. 22;
ciò perché l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi
è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, tra i quali anche
l'interesse dell'amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria
azione gestoria, che, nei limiti del predetto equilibrio tra valori, trova
rispondenza anche nel catalogo dei principî costituzionali, in particolare
quelli previsti dagli artt. 41 e 97 Cost.
La
disciplina sull'accesso
tutela solo l'interesse alla conoscenza e non l'interesse ad effettuare un
controllo sull'impresa o sull'amministrazione, allo scopo di verificare
eventuali (e non ancora definite) forme di lesione all'interesse dei
consumatori (C. Stato, sez. IV, 6-10-2001, n. 5291).
4. Ciò
premesso in diritto, si deve osservare, in punto di fatto, che la richiesta di accesso, per come formulata, non
meritava accoglimento.
4.1.
Nella parte relativa agli atti preparatori della convenzione tra P. e Ministero
della giustizia, l'istanza di accesso
deve essere ritenuta non sorretta da un interesse concreto e attuale.
Da un
lato, all'epoca della domanda di accesso,
la convenzione non era
ancora venuta in essere, sicché non vi era alcuna prova della sua portata
lesiva per i diritti dei consumatori.
Non è
rilevante che la convenzione è poi stata effettivamente stipulata, dopo la
pubblicazione della sentenza di primo grado, in quanto la fondatezza o meno di una domanda
di accesso va valutata
avuto riguardo al momento in cui è formulata.
Dall'altro
lato, se è vero che il
Codacons ha legittimazione ad impugnare i provvedimenti tariffari relativi a
servizi pubblici, e che dunque non si può negare un "accesso tariffario" volto a
conoscere gli atti del procedimento che sfocia nella adozione delle tariffe,
tuttavia nel caso di specie il procedimento che è sfociato nella convenzione
non può essere considerato un procedimento tariffario in senso tecnico.
Si tratta
invece di un procedimento contrattuale, assimilabile ad un appalto di servizi,
in cui P. gestisce il servizio di notificazioni nei confronti del Ministero
della giustizia, in relazione alle notificazioni di ufficio. Solo in via
eventuale, il servizio è estensibile alle notificazioni a istanza di parte
(articolo 6 della convenzione).
In tale
procedimento non è stata pertanto fissata una tariffa direttamente operante nei
confronti degli utenti, bensì un prezzo a carico del Ministero della giustizia.
Pertanto,
la domanda di accesso non
risulta finalizzata alla tutela dell'interesse, giuridicamente rilevante, di
Codacons alla economicità ed equità delle tariffe dei servizi pubblici, bensì,
più genericamente ed inammissibilmente, a conoscere i costi delle prestazioni
che una pubblica amministrazione acquisisce mediante contratti, in funzione di
un generico e indistinto interesse al contenimento della spesa pubblica e della
imposizione fiscale.
Non
rientra tra i diritti specifici dei consumatori (il cui catalogo è ora recato
dall'art. 2, codice del consumo approvato con d.lgs. n. 206/2005) anche l'interesse
generale - che è indistintamente dell'intera collettività, e che allo stato non
è tutelabile su iniziativa dei singoli cittadini o di loro associazioni - alla
economicità dei contratti della pubblica amministrazione, e al contenimento
della spesa pubblica e dell'imposizione fiscale.
5. La
restante parte dell'originaria istanza di accesso mira a conoscere:
-
"se è stato richiesto il parere dell'Autorità garante per la protezione
dei dati personali (...)";
-
"quale tipo di attività istruttoria è stato svolto al fine di verificare
la capacità tecnica ad eseguire il delicato compito che sarebbe stato affidato
a P. I. (...)", e in particolare a conoscere se P. abbia il possesso de
requisiti di capacità tecnica ordinariamente richiesti ai prestatori di servizi
(elenco dei principali servizi nell'ultimo triennio, elenco dei titoli di
studio e professionali, descrizione delle attrezzature tecniche, ettc.);
-
ulteriori dati relativi alla convenzione, quali il tipo di controllo
successivo, le modalità di esecuzione e i subappalti, i dati dell'attività di
sperimentazione già realizzata presso il Tribunale di Roma;
-
"quali siano i rapporti e/o contratti intercorrenti tra Mediolanum Banca e
P. I.", sul presupposto che secondo articoli di stampa sarebbe stata
annunciata una convenzione tra M., banca on line priva di sportelli, e di
proprietà del Premier, e P. I., in virtù della quale la banca utilizzerebbe gli
sportelli di P. I., e dunque ne potrebbe conseguire un conflitto di interessi
nella vicenda della convenzione Ministero giustizia - P. I..
5.1.
Quanto alla richiesta contenuta nella originaria domanda di accesso, volta a conoscere se è
stato chiesto il parere dell'Autorità per la protezione dei dati personali, la
stessa è inammissibile perché non ha per oggetto la richiesta di un documento,
bensì è volta a conoscere se è stata espletata un'attività istruttoria (la
richiesta di un parere).
Nel
ricorso di primo grado, l'associazione odierna appellante ha modificato la
originaria richiesta, perché nel riprodurre il contenuto della domanda di accesso, ha chiesto di prendere
visione del parere dell'Autorità per la protezione dei dati personali (e non
semplicemente di conoscere se tale parere fosse stato acquisito).
Il
T.a.r., senza valutare se tale istanza fosse o meno ammissibile, perché formulata
per la prima volta in giudizio, la ha respinta.
Sul
punto, nell'atto di appello non viene formulato alcun motivo di ricorso (sia il
ricorso di primo grado che l'appello sono essenzialmente incentrati sulla
legittimazione del Codacons all'accesso
"tariffario" e sulla potenziale lesività della convenzione sotto il
profilo della tariffa del servizio notificazioni).
Solo in
sede di discussione orale davanti a questo Collegio, il Codacons ha formulato
argomenti a sostegno del proprio interesse a visionare il parere dell'Autorità
garante per la protezione dei dati personali, sotto il profilo della potenziale
lesività che possono arrecare alla privacy le notificazioni (specie in materia
penale) affidate a P. I..
A
prescindere dalla inammissibilità della richiesta, perché formulata per la
prima volta in sede di discussione orale davanti al giudice di appello, il
Collegio deve rilevare come la stessa sia infondata per difetto di
legittimazione e di interesse.
Va
anzitutto rilevato che la privacy è un diritto inviolabile riconosciuto a
chiunque, ma, proprio perché si tratta di privacy, limitatamente a fatti, dati
e notizie che riguardano in via immediata e diretta il soggetto.
Il codice
della protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) dispone
che chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano
(art. 1), e tale diritto può essere esercitato o in prima persona, o tramite
terzi soggetti (ivi compresi enti o associazioni), purché muniti di specifica
delega o procura scritta (art. 7).
Il codice
citato detta inoltre specifiche disposizioni relative al trattamento dei dati
personali giudiziari (artt. 20, 21, 22).
Coerentemente,
lo statuto dei consumatori non riconosce ai consumatori in quanto tali, né a
loro associazioni, il diritto alla privacy (art. 2 codice del consumo approvato
con d.lgs. n. 206/2005), proprio perché si
tratta di diritto individuale del soggetto (persona fisica o anche ente
giuridico), insuscettibile di una azione di categoria, e dunque di una azione
da parte del Codacons, in difetto di specifica delega o procura scritta da
parte degli interessati.
Pertanto,
nel caso di specie, Codacons non ha legittimazione ad agire a tutela di un
interesse alla privacy dei consumatori, né a tutela di un proprio interesse
alla privacy, in quanto:
- non ha
dimostrato di avere specifica procura scritta da parte di soggetti singoli;
- non ha
evidenziato in che modo la convenzione Ministero giustizia - P. violerebbe un
interesse alla privacy del Codacons in quanto tale.
Deve
inoltre rimarcarsi che il codice della privacy ha modificato la disciplina
delle notificazioni a mezzo del servizio postale, imponendo che l'atto da
notificare sia inserito in plico chiuso, su cui non possono essere apposti
segni o indicazioni di alcun genere dai quali possa desumersi il contenuto
dell'atto (art. 1, l. 20 novembre 1982, n. 890, come
modificato dal d.lgs. n. 196/2003.)
In
conclusione su tale questione, dagli artt. 1 e 7 d.lgs. n. 196 del 2003 (codice della
privacy) e dall'art. 2, d.lgs. n. 206/2005 (codice del consumo)
si desume che le associazioni di tutela dei consumatori non possono agire a
tutela della privacy indifferenziata dei consumatori, ma solo: a tutela di un
proprio specifico interesse alla privacy, o a tutela della privacy di soggetti
determinati da cui abbiano ricevuto specifica procura scritta.
5.2. Per
le restanti richieste, l'istanza di accesso
è inammissibile perché:
a) ha un
oggetto generico e indeterminato;
b) è
finalizzata ad un controllo generalizzato sull'operato dei destinatari
dell'istanza;
c) per
taluni profili non riguarda documenti
esistenti, ma postula una attività di elaborazione di dati;
d) per
buona parte del suo oggetto, non evidenzia uno specifico interesse in relazione
a reali o probabili lesioni degli interessi dei consumatori, ma mira, in una
logica di sospetto, a ottenere dati per verificare la possibilità di
violazioni;
e) mira
ad un controllo di tipo investigativo - preventivo.
Invero la
domanda di accesso non
riguarda atti specifici, ma mira ad acquisire notizie che:
- in
parte presuppongono un'attività di elaborazione dati da parte
dell'amministrazione (laddove si chiede conto del tipo di iter procedimentale
che si sta seguendo);
- in
parte sono rivolte, in una logica di sospetto, prima ancora che di monitoraggio
generalizzato e preventivo, a controllare l'idoneità tecnica di P. I. e la
sussistenza di un potenziale conflitto di interessi, in via di mera ipotesi
ricadente sulla specifica convenzione in virtù di un'altra vicenda, non
dimostrata, e dedotta nell'istanza solo come ipotetica (l'utilizzo degli
sportelli di P. I. da parte di una Banca on line di proprietà del Presidente
del Consiglio dei Ministri).
Si deve
invece ribadire che il diritto di accesso
non è uno strumento di controllo generalizzato sull'attività del soggetto
destinatario dell'accesso,
bensì uno strumento per acquisire atti e documenti puntuali.
Il
Codacons è tenuto pur sempre, da un lato, a indicare gli specifici interessi,
nell'ambito di quelli generalissimi della efficienza e economicità dei servizi
pubblici, a tutela dei quali esercita la richiesta di accesso e, dall'altro lato, a
indicare con ragionevoli confini gli atti e documenti in relazione ai quali si paventa la lesione, in atto
o in potenza, degli interessi di cui è portatore.
In tal
senso, la giurisprudenza di questo Consesso ha già affermato, in una vicenda
che vedeva il Codacons protagonista di una richiesta di accesso nei confronti della
Società Autostrade, che "L'interesse che muove l'appellante Codacons ad esercitare il diritto di
accesso nei confronti
della Società Autostrade non è quello di conoscere singoli atti, afferenti ad
uno specifico procedimento che abbia destinatari ben individuati ma, come si
evince dall'oggetto della richiesta di esibizione, quella di acquisire una
serie di informazioni su un particolare settore (quello autostradale) allo
scopo di valutarne l'efficienza e di assumere iniziative (anche d'ordine
giudiziario) a tutela degli utenti del servizio.
Una
simile finalità, in quanto mira a trasformare il diritto di accesso in uno strumento di
ispezione " popolare " sull'efficienza del servizio - con il quale il
Codacons finirebbe per sostituirsi agli organi deputati dall'ordinamento ad
effettuare i previsti controlli interni - non concreta quella "situazione
giuridicamente rilevante" che ai sensi dell'art. 22 legge n. 241/1990 legittima l'esercizio
del diritto di accesso"
(C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283).
6.
Quanto, infine, agli argomenti dedotti nell'atto di appello, a sostegno della
richiesta di accesso, che
fanno leva sulla l. n. 15/2005, gli stessi non possono
essere presi in considerazione, (ammesso che la l. n. 15/2005 abbia realmente portata
innovativa in tema di legittimazione e interesse all'accesso, e non di mera codificazione del diritto vivente), in
quanto la l. n. 15/2005 non è applicabile al caso
di specie, svoltosi anteriormente. Da un lato tale legge non è retroattiva nel
suo complesso, e dall'altro lato proprio l'efficacia delle disposizioni da essa
dettate in materia di accesso
è stata differita sino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento
governativo sull'accesso.
7. Per
quanto esposto, l'appello va respinto.
La
complessità e (parziale) novità delle questioni giustifica la compensazione
delle spese di lite.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese
compensate.
Ordina
che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre 2005 con la
partecipazione di:
Mario
Egidio Schinaia - Presidente
Sabino
Luce - Consigliere
Giuseppe
Romeo - Consigliere
Lanfranco
Balucani - Consigliere
Rosanna De Nictolis - Cons. rel. ed est.