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Accesso – titolarità di un interesse giuridicamente rilevante – soggetto inciso da provvedimento amministrativo.

Il Consiglio di Stato con la sentenza sotto riportata chiarisce che l’art. 25 della legge n. 241/1990, secondo il quale “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata”, è norma di carattere generale, che va letta in coordinazione non solo con l’art. 22, in base al quale l’accesso “è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, ma soprattutto con il capo III della stessa legge, il quale si occupa, in particolare, della ammissione dei soggetti, sui quali un provvedimento amministrativo è destinato ad incidere, alla visione degli atti che sono stati a fondamento del relativo procedimento. In particolare il Collegio precisa che qualora a richiedere l’accesso sia il soggetto la cui posizione giuridica, è incisa da un provvedimento amministrativo, null’altro questi deve dimostrare, per legittimare l’actio ad exhibendum nei confronti degli atti e documenti formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di destinatario del provvedimento stesso, posto che, in questo caso, l’interesse “giuridicamente rilevante” risulta già normativamente qualificato dagli artt. 9 e 10 della legge n. 241/1990.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2068/2006

Reg.Dec.

N. 10616  Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10616 del 2005, proposto dalla CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Luciani, elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma, Via Bocca di Leone n. 78,

contro

BANCA INTESA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Franco Ferrari e Valerio Tavormina, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma Via Santa Maria in Via n. 12 (appellante incidentale);

e nei confronti

- della BANCA D’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Galanti e Stefania Ceci, elettivamente domiciliata presso l’Ufficio Legale della Banca d’Italia in Roma, Via Nazionale n. 91;

- del CODACONS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito; 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I, n. 12107 del 23 novembre 2005.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visti gli atti di costituzione in giudizio di Banca Intesa s.p.a. e della Banca d’Italia;

     Visto l’appello incidentale di Banca Intesa s.p.a.;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla Camera di Consiglio del 28 febbraio 2006 il Cons. Giuseppe Minicone;

     Uditi gli avv.ti Luciani, Ferrari, Tavormina e Ceci;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso notificato il 1 agosto 2005, la società Banca Intesa s.p.a. adiva il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo che, a seguito del silenzio rigetto maturatosi sulla sua istanza di accesso ex art. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990,  fosse ordinato alla CONSOB l’esibizione, nel testo integrale, di copia dei seguenti atti e documenti, relativi al procedimento di irrogazione, nei confronti degli amministratori, sindaci e di taluni dipendenti del Gruppo Banca Intesa, delle sanzioni amministrative previste dall’art. 190 del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58:

     - i rapporti ispettivi della Banca d’Italia e relativi allegati;

     - la relazione interna di sottoposizione degli atti alla Commissione e relativi allegati;

     - i verbali (o il verbale) delle sedute (o della seduta) della Commissione nelle quali (o nella quale) erano state redatte le contestazioni e formulati i conseguenti addebiti nonché relativi atti allegati;

     - la relazione interna di sottoposizione alla Commissione delle proposte sanzionatorie da formulare al Ministero dell’Economia e delle Finanze  a carico di tutti gli esponenti aziendali per i quali Banca Intesa s.p.a. era solidalmente responsabile nonché i relativi atti allegati.

     Ciò in quanto, in sede di giudizio di opposizione ex art. 195, comma 4, del d. Lgs. n. 58 del 1998, innanzi alla Corte di appello di Milano, la CONSOB aveva versato i citati atti con numerosi omissis e la stessa Corte aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sull’istanza istruttoria presentata innanzi ad essa, volta ad ottenere l’ostensione integrale degli atti stessi.

     Sopravveniva, in pendenza del ricorso di cui sopra, il provvedimento espresso del 28 luglio 2005, con il quale la CONSOB rigettava l’istanza di accesso sul duplice presupposto che la stessa era priva di motivazione e che all’esibizione integrale dei documenti richiesti ostava il segreto d’ufficio previsto dall’art. 4 del d. Lgs. n. 58/1998.

     Avverso il diniego esplicito Banca Intesa s.p.a. proponeva motivi aggiunti, con i quali reiterava le doglianze originarie e cioè: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24, 97 della Costituzione; degli artt. 3, 22 e seguenti della legge n. 241/1990 (come modificati dalla legge n. 15 del 2005), dell’art. 4, comma 10, del D. Lgs. n. 58 del 1998; violazione del diritto di difesa e dei principi di imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa, nonché eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e contraddittorietà.

     Il T.A.R., allo scopo di verificare se le parti oscurate dagli omissis avessero (come affermato da Banca Intesa) o no (come sostenuto dalla CONSOB) rilevanza ai fini della comminatoria della sanzione e del correlato diritto di difesa della destinataria di essa, ha acquisito, in via istruttoria, in plico sigillato, i documenti in questione e, all’esito dell’esame di questi, ha accolto in parte il ricorso.

     Premesso che, anche alla stregua delle pronunce della Corte Costituzionale 3 novembre 2000, n. 460 e 26 gennaio 2005, n. 32, il segreto d’ufficio di cui all’art. 4, comma 10 del D. Lgs. n. 58/1998 non può essere opposto al destinatario di un provvedimento disciplinare o sanzionatorio, relativamente agli atti che sono stati utilizzati nel relativo procedimento, il primo giudice ha rilevato che erano state oscurate parti di atti procedimentali prodromici all’adozione del provvedimento sanzionatorio, aventi ad oggetto:

     a) la descrizione del metodo induttivo e delle tecniche di analisi comparativa utilizzati dall’Amministrazione procedente per la enucleazione di valori sui quali poter rapportare il comportamento della ricorrente;

     b) la descrizione del metodo e della tecnica con cui erano stati acquisiti alcuni dati statistici o fattuali e informazioni, che avevano costituito presupposto per la effettuazione di calcoli o valutazioni che avevano contribuito alla formazione del giudizio di disvalore in ordine al comportamento amministrativo della ricorrente;

     c) la esposizione di argomentazioni logico-deduttive esplicative del metodo seguito per giungere all’acquisizione, alla determinazione e alla valutazione di taluni dati e comportamenti, che avevano contribuito alla costruzione dell’accusa e del provvedimento sanzionatorio;

     d) la esposizione di considerazioni apprezzabili, talvolta, come non sfavorevoli (o non del tutto sfavorevoli), talaltra come tendenzialmente favorevoli alla ricorrente;

     e) la esposizione di considerazioni relative alle risultanze di determinate attività ispettive, che avrebbero potuto indebolire la tesi accusatoria;

     f) la indicazione dei nominativi delle persone fisiche che avevano fornito determinate informazioni;

     g) la indicazione dei nominativi delle persone fisiche (ispettori) che avevano svolto determinate indagini.

     Ciò posto, il T.A.R. ha ritenuto che dovessero essere esibiti gli elementi di cui alle precedenti lettere da a) ad e).

     Quanto ai nominativi sub f), gli stessi potevano essere oscurati solo se le dichiarazioni dagli stessi rese fossero riscontrabili obiettivamente, mentre dovevano essere mostrati, ove le dichiarazioni stesse costituissero le sole prove in ordine alla veridicità di un fatto.

     Quanto ai nominativi degli ispettori, la loro conoscenza non era necessaria ai fini dell’esercizio del diritto di difesa.

     Alla luce di tali osservazioni, il primo giudice ha dichiarato l’obbligo dell'Amministrazione di procedere al riesame dell’istanza di accesso avanzata dalla ricorrente e di provvedere nuovamente – previo esperimento delle necessarie valutazioni – in conformità ai principi di diritto sopra enunciati.

     Avverso detta decisione hanno proposto appello sia la CONSOB (in via principale) sia Banca Intesa s.p.a. (in via incidentale).

     La CONSOB, a sostegno del proprio gravame, ha dedotto le seguenti censure:

     1) Violazione degli artt. 25, commi 5 e 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241 nonché violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, per non avere il T.A.R. stabilito se e quali, fra i documenti richiesti dalla ricorrente, dovessero essere esibiti, avendo, invece, rimesso ad essa una siffatta valutazione.

     2) Violazione dell’art. 25, comma 2, della legge n. 241/1990, nonché difetto di motivazione e travisamento dei fatti, non essendosi il giudice di prime cure pronunciato in ordine al rilievo, formulato dalla CONSOB, di assenza di qualsiasi giustificazione dell’interesse sotteso all’istanza all’accesso, non potendosi confondere la motivazione da esplicitare nella domanda con le postume ragioni addotte in sede giurisdizionale.

     In ogni caso, il T.A.R. avrebbe dovuto tener conto (il che non risulterebbe dalla sentenza impugnata) della circostanza che la documentazione in parola era già stata messa spontaneamente a disposizione dalla CONSOB, la quale aveva, altresì, chiarito che le informazioni omesse attenevano a questioni estranee alle sanzioni in questione, onde sarebbe stato onere del giudicante verificare se i documenti non esibiti potessero risultare utili o no alla difesa in giudizio.

     In proposito, ove avesse avuto correttamente riguardo agli illeciti oggetto delle sanzioni impugnate, il primo giudice avrebbe dovuto concludere per l’irrilevanza di tutte le parti coperte da omissis (delle quali l’appellante fa dettagliata elencazione) per i fini di difesa di Banca Intesa, attenendo tutte o a questioni estranee agli interessi dell’istante o a soggetti diversi o ad addebiti diversi rispetto a quelli oggetto delle sanzioni impugnate.

     3) Violazione degli artt. 24 e 25 della legge n. 241/1990 nonché dell’art. 4, comma 10, del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in quanto il primo giudice avrebbe inammissibilmente compiuto un sindacato di merito sulla valutazione discrezionale effettuata dalla CONSOB, depositaria del segreto d’ufficio a tutela di interessi pubblici primari (primo fra tutti quello alla stabilità e concorrenzialità del mercato finanziario), circa la non conoscibilità di taluni documenti.

     Ed invero, ad avviso dell’appellante, il T.A.R. avrebbe frainteso la funzione e i limiti del giudizio per l’accesso ai documenti amministrativi, il quale, relativamente agli atti coperti da segreto d’ufficio, avrebbe un’estensione minore (ferma la tutelabilità dell’interessato nei confronti del provvedimento finale), dovendo il giudice limitarsi a verificare la congruità della motivazione dell’Amministrazione in ordine alla irrilevanza del materiale non mostrato, senza poter rimettere in discussione la valutazione da questa compiuta in proposito.

     Del resto, ove mai le indicazioni dichiarate irrilevanti in sede di accesso risultassero, invece, poste a base del provvedimento finale, si determinerebbe la violazione del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo, con conseguente vizio del provvedimento finale, onde sarebbe il giudizio di merito su quest’ultimo (e non il giudizio di accesso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/1990) la sede nella quale l’autorità giudiziaria potrebbe rimettere in discussione il merito della valutazione di rilevanza compiuta dall’Amministrazione.

     L’appellante incidentale Banca Intesa s.p.a. ha, da parte sua, censurato la sentenza de qua, sotto il medesimo profilo dedotto dalla appellante principale, di mancata pronuncia decisoria circa la sussistenza ed eventualmente i limiti del suo diritto ad accedere agli atti richiesti, rilevando in particolare la contraddittorietà tra le premesse, circa la non opponibilità del segreto d’ufficio a fronte del diritto di difesa dall’irrogazione di sanzioni, e la conclusione di rimettere l’individuazione degli atti alle successive valutazioni alla CONSOB, laddove il primo giudice avrebbe dovuto, proprio sulla scorta delle motivazioni della decisione, ordinare a quest’ultima l’esibizione integrale dei documenti riconosciuti rilevanti.

     Si è costituita anche la Banca d’Italia, la quale, in adesione alle argomentazioni svolte dalla CONSOB, ha chiesto l’accoglimento dell’appello di questa e il conseguente annullamento della sentenza di primo grado.

     Entrambe le parti, con diffuse memorie, hanno sviluppato e ribadito le rispettive tesi.

     Alla Camera di Consiglio del 31 gennaio 2006, fissata per la discussione dell’appello, non essendo pervenuto il fascicolo di primo grado, la CONSOB ha depositato un plico sigillato asseritamente contenente la documentazione in contestazione nella sua versione integrale.

     Detto plico è stato custodito, intatto, presso la Segreteria della Sezione fino alla Camera di Consiglio del 28 febbraio 2006, nella quale, dopo la discussione, il Collegio ha provveduto, previa stesura di verbale da parte del segretario di udienza, alla sua apertura ed esame ai fini della decisione.

     All’esito di questa, il plico è stato nuovamente sigillato, con autorizzazione al magistrato relatore a procedere, ove ritenuto necessario nel corso dell’estensione della sentenza, a nuova apertura e consultazione.

     Di tale facoltà l’estensore si è avvalso in data 4 marzo 2006, come da verbale all’uopo compilato.

DIRITTO

     1. Come risulta dalla narrativa in fatto sia la CONSOB, appellante principale, sia Banca Intesa s.p.a. (appellante incidentale) censurano, da opposti angoli visuali, la sentenza di primo grado, in quanto la stessa, ancorché resa in un giudizio di accesso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/1990, non si sarebbe conclusa con una pronuncia decisoria, affermativa o negativa del diritto della ricorrente di ottenere l’esibizione degli atti richiesti (ed eventualmente circa i limiti di tale diritto), ma avrebbe, attraverso astratte enunciazioni di principio, non traducibili in certezza operativa, sostanzialmente rimesso alla discrezionalità dell’Amministrazione la valutazione di quali parti della documentazione richiesta fossero ostensibili, in quanto rilevanti ai fini dell’esercizio del diritto di difesa nel giudizio instaurato, presso la Corte di Appello di Milano, da Banca Intesa in opposizione alla sanzione ad essa comminata dalla CONSOB.

     2. Prima di affrontare, però, la questione se il T.A.R., con una siffatta pronuncia, abbia dato corretta risposta processuale alla richiesta di accesso, il Collegio ritiene, in ordine logico, di dover prioritariamente esaminare i motivi dell’appello principale, con i quali la CONSOB deduce l’insussistenza, in radice, dei presupposti per consentire l’accesso all’istante della documentazione da essa oscurata attraverso l’inserzione di omissis.

     3. Sostiene, con un primo profilo, l’appellante che il primo giudice avrebbe dovuto ritenere legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione, in quanto l’istanza di accesso ad essa presentata, in violazione dell’art. 25, secondo comma, della legge n. 241/1990, era carente di qualsiasi motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse legittimante, motivazione tanto più necessaria, stante il presidio legislativo di segretezza apposto alla documentazione de qua dall’art. 4 del D. Lgs. n. 58/1998, e non suscettibile di essere integrata in sede giurisdizionale.

     3.1. La censura è infondata.

     L’art. 25 della legge n. 241/1998 (nel testo applicabile alla fattispecie), secondo il quale “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata”, è norma di carattere generale, che va letta in coordinazione non solo con l’art. 22, in base al quale l’accesso “è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, ma soprattutto con il capo III della stessa legge, il quale si occupa, in particolare, della ammissione dei soggetti, sui quali un provvedimento amministrativo è destinato ad incidere, alla visione degli atti che sono stati a fondamento del relativo procedimento.

     Orbene, mentre la più generale tutela di cui agli artt. 22 e segg., riguardando la trasparenza dell'attività amministrativa in quanto tale, indipendentemente dalla circostanza che quest'ultima sia destinata, poi, a confluire in un provvedimento finale (che potrebbe anche non essere adottato, come si argomenta, del resto, dall'art. 2, 2° comma, del D.P.R. n. 352/1992, che garantisce l'esercizio del diritto de quo anche nel corso di un procedimento), esige che il richiedente l’accesso dimostri specificamente la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, correlato agli atti di cui si chieda l’esibizione, il soggetto la cui posizione giuridica, come nella specie, è incisa da un provvedimento amministrativo, null’altro deve dimostrare, per legittimare l’actio ad exhibendum nei confronti degli atti e documenti formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di destinatario del provvedimento stesso, posto che, in questo caso, l’interesse “giuridicamente rilevante” risulta già normativamente qualificato dagli artt. 9 e 10 della legge n. 241/1990.

     3.2. Nel caso di specie, avendo Banca Intesa ricevuto un pregiudizio dal provvedimento sanzionatorio adottato all’esito del procedimento instaurato dalla CONSOB, la sua richiesta di accesso appare sufficientemente sorretta dal richiamo al relativo procedimento, puntualmente, del resto, citato nell’oggetto della richiesta stessa.

     Ne consegue che la dichiarata esigenza di esercitare appieno il proprio diritto di difesa nel procedimento pendente innanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria non ha costituito, come sembra argomentare l’appellante, una non consentita integrazione della motivazione dell’istanza di accesso (di per sé non avente necessità di ulteriore motivazione), bensì argomentazione legittimamente introdotta nel giudizio ex art. 25 della legge n. 241/1990, per contrastare il diniego opposto dall’amministrazione, fondato sull’asserita operatività, nella fattispecie, del segreto di ufficio.

     4. La verità è che la CONSOB, muovendo dal presupposto della generale segretezza dei propri atti, sancita dall’art. 4, comma 10, del D. Lgs. n. 58/1998, sostiene (si veda il terzo motivo di appello), attraverso l’asserito obbligo di motivazione, la tesi che sarebbe spettato a Banca Intesa s.p.a. la dimostrazione della pertinenza degli atti, da essa non spontaneamente esibiti, alle necessità di difesa di quest’ultima, onde, in assenza di tale specifica indicazione, il giudice di primo grado avrebbe dovuto rigettare il ricorso, senza poter sindacare, in quanto attinente al potere discrezionale dell'Amministrazione, la valutazione da essa compiuta circa la rilevanza, ai fini difensivi, dei singoli documenti oggetto dell’istanza, giacché, nell’effettuare detta valutazione, la stessa Amministrazione, nella sua veste di depositaria del segreto d’ufficio, aveva già compiuto il bilanciamento fra l’interesse pubblico e quello privato.

     4.1. Anche tale assunto è privo di fondamento.

     4.2. Va osservato, in primo luogo, che, nella fattispecie concreta, nella quale la mancata ostensione si è concretata nell’oscuramento, attraverso omissis, di parti di relazioni, allegati, verbali, certamente entrati a far parte del corpus documentale attinente al procedimento sanzionatorio, non è sostenibile il tentativo di inversione dell’onere della prova compiuto dalla CONSOB, giacché proprio la sconoscenza del contenuto dei passaggi di un discorso complessivo o degli atti in quei passaggi richiamati impediva alla richiedente di rendersi conto della incidenza degli stessi sul provvedimento finale e ne giustificava, quindi, la richiesta di esibizione integrale.

     E, al riguardo, merita di essere sottolineato che la Commissione ha oscurato anche l’indice analitico nelle parti che si riferivano ai luoghi coperti da omissis, sì da precludere a Banca Intesa di rendersi conto del contenuto effettivo degli stessi.

     4.3. Orbene, a fronte del diniego dell’Amministrazione di consentire l’accesso agli omissis, spettava certamente al T.A.R. il potere di sindacare la pertinenza dei luoghi oscurati al processo decisionale dell’Amministrazione, che aveva irrogato la sanzione, risolvendosi, altrimenti, la tesi della CONSOB – che pretende la insindacabilità della valutazione da essa condotta su tale pertinenza – nello svuotamento della tutela giurisdizionale garantita a tutti i soggetti giuridici dall’art. 24 della Costituzione, posto che, in materia di accesso, il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, è chiamato proprio a sostituirsi all’Amministrazione che si rifiuti di aderire all’istanza, nella valutazione circa l’ostensibilità degli atti richiesti, all’esito positivo della quale, infatti, ne ordina, direttamente, l’esibizione.

     4.4. Né, per sorreggere l’addotta insindacabilità dell’operato della CONSOB, è idonea l’argomentazione secondo la quale le esigenze a base dell’azione di accesso potrebbero, comunque, essere garantite dal sindacato che il giudice può compiere sul provvedimento conclusivo, “con la conseguenza che, ove mai le indicazioni dichiarate irrilevanti in sede di accesso risultassero al contrario poste a base della  decisione finale, si determinerebbe la violazione del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo, sicché proprio il provvedimento finale ne risulterebbe viziato”.

     Tale assunto trascura, infatti, di considerare l’autonomia dell’actio ad exhibendum, che risponde a finalità di trasparenza dell’azione amministrativa, che sono rilevanti di per sé, proprio perché rivolte a consentire al soggetto inciso da un provvedimento di valutare, cognita causa, le ragioni dell’attività amministrativa e calibrare su di esse la tutela delle proprie ragioni anche al di fuori di un giudizio.

     5. Anche in questo caso, peraltro, il Collegio deve osservare come le doglianze della CONSOB muovano dalla erronea premessa che, in presenza di un vincolo di legge al segreto d’ufficio, la tutela apprestata attraverso il diritto di accesso non possa che avere una estensione minore rispetto alla tutela garantita dal sindacato sul provvedimento finale.

     5.1. Va detto, invece, che, una volta verificato che gli atti richiesti sono rifluiti in un procedimento decisionale incisivo di diritti o interessi del destinatario e che la loro conoscenza appare rilevante per la difesa di tali diritti o interessi (e ciò costituisce l’oggetto dell’indagine cui, in questa sede, è chiamato il giudice amministrativo), l’esigenza di segretezza diviene recessiva nei confronti del destinatario, alla stregua di quanto stabilito dall’art. 24 della legge n. 241/1990 e ribadito dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 460/2000, la quale, chiamata a valutare la legittimità dell’art. 4, comma 10, del D. Lgs. n. 58/1998, ne ha affermato la compatibilità costituzionale, sull’espresso presupposto che gli atti, le notizie e i dati in possesso della Commissione, posti a fondamento di un procedimento disciplinare (cui è da equipararsi, per identità di ratio, quello sanzionatorio), nei confronti dell’interessato, non sono affatto segreti e sono, invece, pienamente accessibili.

     5.2. Ne consegue che, in presenza di tale presupposto, la tutela garantita dall’ordinamento è piena, nel senso che spetta al giudice amministrativo, in ossequio ai principi generali, valutare, attraverso l’acquisizione e la cognizione degli atti omessi, se l’Amministrazione abbia correttamente esercitato il proprio potere interdittivo.

     E tale sindacato non può considerarsi, dunque, limitato all’esame della sufficienza formale della motivazione, dovendosi necessariamente estendere, in aderenza all’ambito della giurisdizione attribuita dal legislatore, alla rilevazione, nel merito, della sussistenza o no dei presupposti per ordinare l’accesso.

     6. Del resto, anche a voler restare nell’ottica (inesatta) dell’appellante, la motivazione addotta dalla CONSOB, per negare l’accesso, appare del tutto insufficiente a sorreggere il diniego, giacché neppure in sede difensiva essa ha indicato quale sia l’interesse specificamente salvaguardato dagli omissis e quali siano le esigenze di riservatezza in concreto con gli stessi tutelate, al di là di quelle, generali, che l’art. 4 comma 10 del D. Lgs. n. 58/1998 (che, come si è detto, non è opponibile, in quanto tale, ai diretti interessati al procedimento sanzionatorio) riconduce all’attività di vigilanza.

     E non è senza significato che il testo dell’art. 195 del D.Lgs. n. 58/1998, come novellato dalla legge 18 aprile 2005, n. 62, enunci formalmente, al secondo comma, che il procedimento sanzionatorio è retto dal principio, tra gli altri, della “conoscenza degli atti istruttori”, così confermando, per espressa volontà del legislatore, l’inoperatività dell’art. 4, comma 10, nei confronti del soggetto sanzionato.

     7. Acclarato, dunque, che il T.A.R. ha legittimamente esercitato il potere di sindacare nel merito la pertinenza degli atti oscurati alle esigenze di difesa di Banca Intesa s.p.a. dalle sanzioni comminate, il Collegio deve osservare, condividendo, sul punto, i rilievi sia della CONSOB sia della stessa Banca Intesa, appellante incidentale, che la pronuncia con la quale il primo giudice, in accoglimento del ricorso di detta Società, ha dichiarato l’obbligo della Commissione di procedere al riesame dell’istanza di accesso e di provvedere nuovamente su di essa, previo esperimento delle necessarie valutazioni, da condursi in conformità ai principi di diritto da esso enunciati, non appare rituale, avuto riguardo alla finalità del giudizio di accesso, volto a stabilire il diritto o no dell’istante ad ottenere la visione degli atti dallo stesso indicati.

     A fronte, infatti, di una richiesta diretta ad ottenere l’esibizione integrale di documenti puntualmente elencati (come citati nella narrativa in fatto) e di un diniego dell’Amministrazione, fondato sull’esistenza del segreto d’ufficio di cui all’art. 4, comma 10, del D. Lgs. n. 58/1998, il giudice di prime cure, una volta affermato che tale segreto non era opponibile per tutti gli atti (o parti di essi) posti a fondamento del provvedimento sanzionatorio, avrebbe dovuto individuare quelli di essi rilevanti a tal fine ed ordinarne l’esibizione.

     7.1. Per contro, il T.A.R. si è limitato a definire, per categorie astratte, i contenuti degli atti in questione, affermando che erano ostensibili quelli recanti:

     a) la descrizione del metodo induttivo e delle tecniche di analisi comparativa utilizzati dall’Amministrazione procedente per la enucleazione di valori sui quali poter rapportare il comportamento della ricorrente;

     b) la descrizione del metodo e della tecnica con cui erano stati acquisiti alcuni dati statistici o fattuali e informazioni, che avevano costituito presupposto per la effettuazione di calcoli o valutazioni che avevano contribuito alla formazione del giudizio di disvalore in ordine al comportamento amministrativo della ricorrente;

     c) la esposizione di argomentazioni logico-deduttive esplicative del metodo seguito per giungere all’acquisizione, alla determinazione e alla valutazione di taluni dati e comportamenti che avevano contribuito alla costruzione dell’accusa e del provvedimento sanzionatorio;

     d) la esposizione di considerazioni apprezzabili talvolta come non sfavorevoli (o non del tutto sfavorevoli), talaltra come tendenzialmente favorevoli alla ricorrente;

     e) la esposizione di considerazioni relative alle risultanze di determinate attività ispettive, che avrebbero potuto indebolire la tesi accusatoria.

     7.2. Quanto, poi, alle parti omesse, recanti nominativi di persone fisiche, lo stesso T.A.R. ha distinto quelli che avevano fornito informazioni costituenti le sole prove in ordine alla veridicità di un fatto (da esibirsi), da quelli le cui dichiarazioni erano riscontrabili da altri elementi obiettivi e da quelli degli ispettori, per i quali ha negato l’ostensibilità, in quanto non necessari per l’esercizio del diritto di difesa.

     8. Orbene, una  pronuncia siffatta appare censurabile non solo sotto il profilo processuale, giacché, in contrasto con l’art. 25, sesto comma, della legge n. 241/1990, introduce una attività dell’Amministrazione diversa ed ulteriore rispetto alla semplice esibizione o non esibizione degli atti in contestazione, ma, soprattutto, perché, attesa la genericità delle indicazioni, lascia ampio spazio valutativo all’Amministrazione stessa in ordine al contenuto dell’attività ad essa commessa, trasferendole un potere che il legislatore ha voluto che il giudice eserciti direttamente, una volta acquisiti gli atti oggetto di contestazione.

     8.1. Sotto questo profilo la sentenza va, dunque, riformata e, per l’effetto devolutivo, il Collegio deve farsi carico di indicare, ad integrazione della stessa, gli atti che la CONSOB è tenuta ad esibire a Banca Intesa, in quanto utilizzati per il procedimento sanzionatorio a suo carico.

     9. In proposito la CONSOB sostiene la non ostensibilità di nessuna delle parti gravate da omissis, in quanto afferenti tutte a questioni estranee rispetto all’oggetto del giudizio pendente dinanzi alla Corte di appello di Milano e, pertanto, non utili alla difesa in giudizio.

     Per contro l’appellante incidentale Banca Intesa afferma la pertinenza dei documenti omessi alle sanzioni ad essa inflitte.

     10. Come si è detto, la CONSOB ha, di sua iniziativa, depositato un plico sigillato recante, asseritamente, la copia integrale degli atti da essa già posti a disposizione di Banca Intesa, nella versione coperta da omissis.

     Al momento dell’apertura del plico, alla Camera di consiglio del 28 febbraio 2006, il Collegio ha potuto constatare che, in realtà, anche la copia depositata reca molti punti ancora oscurati.

     In particolare, risultano coperti da numerosi omissis i verbali della Commissione n. 3668 del 14 aprile 2004, n. 3669 del 15 aprile 2004, n. 3763 del 29 novembre 2004, n. 3765 dell’1 dicembre 2004, n. 3766 del 2 dicembre 2004, n. 3767 del 3 dicembre 2004, n. 3768 del 4 dicembre 2004, n. 3769 del 6 dicembre 2004, n. 3770 del 7 dicembre 2004; mentre non risultano depositati gli allegati richiamati a pag. 5 della relazione per la Commissione del 18 marzo 2004.

     11. Ciò premesso, passando alla analitica disamina dei documenti depositati, il Collegio osserva quanto segue:

     a) Relazione della Banca d’Italia del 30 ottobre 2003, in merito agli accertamenti svolti in materia di negoziazione di obbligazioni “Cirio” (allegato n. 11);

     - non hanno ragion d’essere (e vanno pertanto rimossi) gli omissis al Sommario (pag. 1), posto che proprio l’indicazione degli argomenti della Relazione (riguardante esclusivamente il Gruppo Banca Intesa) è idonea, senza violare di per sé il principio di segretezza, a mostrare all’istante l’attinenza o no dei successivi passi della stessa relazione stralciati alla materia oggetto di sanzione;

     - non hanno ragion d’essere (e vanno, pertanto, rimossi) gli omissis a pag. 2, dopo la “premessa”, in quanto la parte stralciata riguarda proprio il presupposto che ha determinato gli accertamenti ispettivi condotti dalla Banca d’Italia nei confronti del Gruppo Banca Intesa e, in definitiva, il provvedimento sanzionatorio;

     - non appaiono rilevanti (e la loro sconoscenza non pregiudica alcun diritto di difesa dell’interessata) i nominativi degli ispettori che hanno condotto l’indagine;

     - l’omissis a pag. 17, nel paragrafo “Attività di negoziazione”, copre, in un contesto valutativo interamente reso disponibile, un giudizio, il cui stralcio non appare giustificato né sotto il profilo logico né sotto quello della completezza del quadro preso in esame dagli ispettori: la conoscenza di tale giudizio, anche per gli elementi parzialmente favorevoli che introduce, appare, dunque, rilevante ai fini della difesa di Banca Intesa;

     - non appare, invece, rilevante per l’interesse specifico azionato dall’istante, in quanto il provvedimento sanzionatorio non si è fondato su di esso, il punto 3.3, attinente alla verifica del rispetto del principio di best execution di cui all’art. 32 del regolamento CONSOB, la cui violazione non risulta imputata a Banca Intesa;

     - l’oscuramento del punto 4 (“Analisi dei reclami pervenuti dalla clientela”), non appare giustificabile con il rilievo, espresso nella nota di accompagnamento della CONSOB al deposito degli atti, che si verterebbe su circostanze estranee agli illeciti contestati e sanzionati: trattasi, infatti di valutazioni generali in ordine al trattamento dei reclami relativi alla negoziazione di obbligazioni “Cirio”, che recano taluni profili anche non del tutto sfavorevoli all’indagata e, quindi, da questa utilizzabili, ove conosciuti, per una migliore difesa;

     - la nota 46 a pag. 23, reca i nominativi dei soggetti succedutisi nell’incarico di responsabile della funzione di “Internal Audit”, la cui omissione nei riguardi di Banca Intesa appare, per la verità, non giustificata, trattandosi di notizie a questa evidentemente note;

     - l’oscuramento delle pagg. 24 e 25, non appare giustificato: è ben vero che i passi omessi si riferiscono ad iniziative assunte dall’intermediario dopo il 2002, ovverosia successivamente al periodo preso in considerazione per la sanzione, ma essi, in disparte il rilievo che descrivono tali iniziative, senza operarne valutazioni, sviluppano il discorso dell’ultimo periodo reso ostensibile (“Non vi è evidenza di interventi delle funzioni di controllo aventi specifico riferimento alle modalità di negoziazione di titoli di emittenti corporate prima del 2003”), e si riverberano, quindi, sulla comprensibilità di questo, onde appaiono rilevanti per le esigenze di difesa di Banca Intesa.

     b) Relazione della Banca d’Italia del 30 ottobre 2003, in merito agli accertamenti svolti in materia di negoziazione di obbligazioni “Argentina” (allegato n. 12)

     - non hanno ragion d’essere (e vanno pertanto rimossi) gli omissis al Sommario (pag. 1), posto che, come si è già detto, proprio l’indicazione degli argomenti della Relazione (riguardante esclusivamente il Gruppo Banca Intesa) è idonea, senza violare di per sé il principio di segretezza, a mostrare all’istante l’attinenza o no dei successivi passi della stessa relazione stralciati alla materia oggetto di sanzione;

     - non hanno ragion d’essere (e vanno, pertanto rimossi) anche gli omissis a pag. 2, dopo la “premessa”, in quanto la parte stralciata riguarda proprio il presupposto che ha determinato gli accertamenti ispettivi condotti dalla Banca d’Italia nei confronti di Banca Intesa e, in definitiva, il provvedimento sanzionatorio;

     - non appaiono rilevanti (e la loro sconoscenza non pregiudica alcun diritto di difesa dell’interessata) i nominativi degli ispettori che hanno condotto l’indagine;

     - è da ritenersi, invece, rilevante, ai fini del provvedimento finale, il periodo coperto da omissis a pag. 17, in quanto si pone in ordine di continuità logica con le osservazioni che immediatamente precedono e seguono, onde il suo stralcio pregiudica effettivamente lo sviluppo di una coerente linea di difesa: di tale periodo va disposta, quindi, la ostensione;

     - non appare rilevante, in quanto il provvedimento sanzionatorio non si è fondato su di esso, il punto 3.3, attinente alla verifica del rispetto del principio di best execution di cui all’art. 32 del regolamento CONSOB, la cui violazione non risulta imputata a Banca Intesa;

     - relativamente al punto 4 (“Analisi dei reclami pervenuti dalla clientela”), si richiamano, per quel che riguarda la necessità di rimozione degli omissis, le considerazioni già svolte relativamente al punto 4 della relazione “Cirio”;

     - relativamente alla nota 39, si richiamano le considerazioni svolte per la nota 46 della relazione “Cirio”;

     - l’oscuramento delle pagg. 22 e 23, non appare giustificato: è ben vero che i passi omessi si riferiscono ad iniziative assunte dall’intermediario dopo il 2002, ovverosia successivamente al periodo preso in considerazione per la sanzione, ma essi, in disparte il rilievo che descrivono tali iniziative, senza operarne valutazioni, sviluppano il discorso (non coperto da omissis) circa lo scarso dettaglio e incisività delle relazioni predisposte dalla struttura di Internal Audit di Comit per gli anni 1999-2001 e si riverberano, quindi, sulla comprensibilità di questo, onde appaiono rilevanti per le esigenze di difesa di Banca Intesa.

     c) Relazione per la Commissione del 18 marzo 2004:

     Premesso che, per quel che riguarda il testo della Relazione, la Nota tecnica ad essa allegata e l’Allegato A alla Nota tecnica, è venuta, di fatto, a cessare la materia del contendere, essendo detti documenti già pervenuti nella loro versione integrale a Banca Intesa, come da essa stessa ammesso nella memoria difensiva e come risulta dal deposito da quest’ultima effettuato, va esaminata soltanto l’omessa esibizione delle bozze di lettere di contestazione da indirizzare ad esponenti del Gruppo ed all’intermediario, in qualità di responsabile in solido (pag. 5).

     Tale omissione appare effettivamente illegittima, come denunciato dall’appellata (e appellante incidentale), giacché di tali bozze si fa espressa menzione nella Relazione in parola (di cui costituiscono allegato), onde, essendo stato formalmente previsto il loro ingresso nel procedimento sanzionatorio, non può precludersi all’interessata di verificare in che modo gli atti interni in questione (espressamente assimilati ai documenti dall’art. 22 della legge n. 241/1990) siano stati utilizzati nel procedimento stesso ed abbiano influito sul provvedimento finale del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

     d) Relazione per la Commissione del 18 novembre 2004.

     - Premesso che appare legittima l’espunzione dei nomi delle banche diverse da quelle appartenenti al Gruppo Banca Intesa, risultano, invece, rilevanti, ai fini dell’adozione del provvedimento sanzionatorio (e, pertanto, non sottraibili al destinatario di esso), tutte le considerazioni svolte da pag 5 a pag. 8, relative alla tempistica e qualificazione del processo (Sezione III) e  ai profili di criticità rilevati (Sezione IV); considerazioni, che, peraltro, esprimono, in forma più sintetica, gli stessi concetti esposti nella relazione del 18 marzo 2004, già mostrata a Banca Intesa.

     - L’omissis a pag. 9, in quanto meramente esplicativo della fonte, relativamente ad una osservazione di carattere non negativo, non appare rilevante ai fini del diritto di difesa di Banca Intesa e può, pertanto, essere conservato;

     - ugualmente irrilevante (e, quindi, suscettibile di essere mantenuto) appare l’oscuramento della nota n. 13;

     12. I verbali della Commissione n. 3668 del 14 aprile 2004, n. 3669 del 15 aprile 2004, n. 3763 del 29 novembre 2004, n. 3765 dell’1 dicembre 2004, n. 3766 del 2 dicembre 2004, n. 3767 del 3 dicembre 2004, n. 3768 del 4 dicembre 2004, n. 3769 del 6 dicembre 2004, n. 3770 del 7 dicembre 2004, come si è già detto in premessa, non sono stati esibiti nel loro testo integrale.

     Peraltro, essendo stato mostrato, nel plico depositato, l’intero ordine del giorno delle sedute, cui ciascuno di essi di riferisce, il Collegio ha potuto constatare che le parti oscurate attengono, nella quasi totalità, all’esame delle posizioni di soggetti diversi da quelli facenti capo al Gruppo Banca Intesa ovvero a nominativi di funzionari, onde, per tali parti, può confermarsi la loro non ostensibilità, in quanto non rilevanti ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in ordine al provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti del Gruppo stesso.

     12.1. Vanno, tuttavia, esibiti, in quanto direttamente afferenti il procedimento sanzionatorio, i seguenti ulteriori passi di detti verbali:

     - n. 3668 del 14 aprile 2004: la discussione riportata a pag. 36 e a pag. 37;

     - n. 3669 del 15 aprile 2004: la discussione (peraltro estremamente sintetica e generica) riportata a pag. 31;

     - n. 3763 del 29 novembre 2004: previo oscuramento dei nominativi delle Banche diverse dal Gruppo Banca Intesa, la discussione riportata alle pagine da 25 a 28;

     13. Sulla base delle osservazioni che precedono, entrambi gli appelli vanno, in parte, accolti e, in parte, specularmente, respinti, ciascuno per quanto di ragione e torto, e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va ordinato alla CONSOB di consentire, entro trenta giorni dalla data di notificazione della presente sentenza, l'accesso ai documenti o alle parti di documenti specificamente indicati sopra come ostensibili.

     Le modalità dell'accesso saranno stabilite dall'Amministrazione, la quale, sulla base delle proprie esigenze organizzative, potrà consentire l'esame dei documenti e l'estrazione di copia degli stessi presso la propria sede ovvero provvedere all'invio di copia degli atti agli interessati, previo, nell'uno e nell'altro caso, il pagamento degli importi dovuti ai sensi dell'art. 25 della legge n. 241/1990.

     La natura e la complessità della questione giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sugli appelli principale e incidentale in epigrafe, in parte li accoglie e in parte li respinge, riformando la sentenza appellata nei termini e per gli effetti specificati in motivazione.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, addì 28 febbraio 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI  Presidente

Luigi MARUOTTI   Consigliere

Carmine VOLPE   Consigliere

Giuseppe ROMEO   Consigliere

Giuseppe MINICONE  Consigliere Est. 

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere       Segretario

GIUSEPPE MINICONE     GIOVANNI CECI 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 

il....13/04/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 

Addì.....................copia conforme alla presente è stata trasmessa  

al Ministero....................... 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 

         Il Direttore della Segreteria

N.R.G. 10616/2005