Bando di gara - Collegamento tra imprese – esclusione - condizioni.
La circostanza che il bando di gara faccia
esplicito riferimento, quali condizioni legittimanti situazioni di controllo, solo
all’art. 2359 c.c., non può precludere all’Amministrazione di disporre
l’esclusione di imprese che
vengano reputate in una situazione di collegamento
sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere
violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della
correttezza delle procedure. In tale evenienza, sottolinea il Consiglio di
Stato nella sentenza 3099/2005, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed
efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par
condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza,
completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso
meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli
di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in
pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3099/2005
Reg.Dec.
N. 9401 Reg.Ric.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato
la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dall’ASSOCIAZIONE IRRIGAZIONE EST SESIA –
Consorzio di irrigazione e di bonifica, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ignazio Pagani, Paolo
Scaparone e Andrea Guarino, ed elettivamente domiciliato
presso quest’ultimo, in Roma, Piazza Borghese, n. 3;
contro
I.C.E. IMPRESE
COSTRUZIONI EDILI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
costituitosi in giudizio, rappresentato
e difeso dall' Avv.to
Enrico Dagna, ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’Avv.to Silvio Crapolicchio, in Roma, Via dei
Due Macelli, n. 60;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
del Piemonte, Sezione II, n. 2229/2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’impresa appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 1° marzo 2005
relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l'Avv. Guarino, l’Avv. Scaparone, l’Avv.
Pagani e l'Avv. Dagna;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in appello in epigrafe
l’Associazione Irrigazione Est Sesia – Consorzio di irrigazione e di bonifica
ha chiesto l’annullamento della suindicata sentenza con la quale il Tar del
Piemonte ha accolto il ricorso proposto dall’impresa odierna appellata avverso
il provvedimento di esclusione da una gara di appalto di alcuni lavori pubblici
ed avverso il provvedimento di aggiudicazione provvisoria dell’appalto ad altra
società.
L’appello viene proposto per i seguenti
motivi:
1) inammissibilità del ricorso di primo grado
per l’omessa notificazione all’aggiudicatario della gara e per l’omessa
impugnazione dell’aggiudicazione definitiva;
2) erronea applicazione delle disposizioni
della lex specialis della gara, dell’art. 10, comma 1 bis, della legge
n. 109/1994, dell’art. 2359 c.c. con riguardo alla necessaria esclusione delle imprese
partecipanti alla gara che si trovano in situazione di controllo o collegamento.
L’impresa appellata si è costituita in
giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello e successivamente ha rinunciato
al ricorso di primo grado nella parte relativa all’impugnazione del
provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
All’odierna udienza la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’impresa ricorrente in primo grado è stata
esclusa da una procedura di gara per l’appalto di lavori pubblici perché
ritenuta in situazione di collegamento
sostanziale con altre società partecipanti alla gara, le cui offerte
presentavano chiari indici della provenienza da un unico centro decisionale.
Con l’impugnata sentenza il Tar ha accolto il
ricorso ed annullato gli atti impugnati (provvedimento di esclusione e di
aggiudicazione provvisoria ad altra impresa), rilevando che:
a) gli elementi di carattere formale e
sostanziale riscontrati dalla stazione appaltante con riguardo alle modalità di
compilazione e presentazione delle offerte, la cui identità o somiglianza hanno
indotto l’Associazione Irrigazione Est Sesia a desumere la loro provenienza da
un unico centro di interessi, non costituiscono elementi che integrano la
richiamata disciplina civilistica dettata in materia di società dall’art. 2359
c.c. e richiamata dall’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94;
b) sia il bando, sia il capitolato speciale
non prevedevano l’esclusione dei concorrenti dalla gara in relazione ad ipotesi
di collegamento
ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 10, comma 1 bis e pertanto, la
stazione appaltante non poteva procedere all’esclusione della società
ricorrente in assenza di una specifica clausola della lex specialis che
la autorizzasse ad esercitare tale potere.
2. Con i primi due motivi di appello la
stazione appaltante ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di
primo grado per l’omessa notificazione all’aggiudicatario della gara e per
l’omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva.
Va segnalato che l’impresa appellata ha
rinunciato al ricorso di primo grado nella parte relativa all’impugnazione del
provvedimento di aggiudicazione provvisoria, affermando di conservare il solo
interesse all’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara e non
anche l’interesse diretto alla rinnovazione della procedura concorsuale.
Di conseguenza, si deve dare atto della
rinuncia al ricorso di primo grado nella parte relativa all’impugnazione del
provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
Tale rinuncia non determina alcun effetto di
improcedibilità per carenza di interesse in ordine alla restante parte della
controversia (impugnazione del provvedimento di esclusione).
In primo luogo, infatti, tale provvedimento
produce effetti negativi per l’impresa esclusa ulteriori rispetto alla mancata
partecipazione alla gara, quali l’iscrizione nel casellario informatico
dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici.
Inoltre, l’impresa esclusa da una gara, che ha
limitato la propria impugnazione al provvedimento di esclusione, conserva un
interesse processualmente rilevante a conseguire l'annullamento
dell'esclusione, posto che da questo ritrae, quantomeno, il significativo
vantaggio, sufficiente a sostenere la procedibilità del ricorso, di poter
chiedere, in presenza di tutti gli altri presupposti, il risarcimento del
pregiudizio patrimoniale sofferto in conseguenza della determinazione giudicata
illegittima (negli stessi termini, benché con riferimento ad un provvedimento
di esclusione da un concorso per il pubblico impiego, v. Cons. Stato, V, n.
5196/2002).
Tale principio si pone in linea con quanto
affermato di recente dalla Sezione circa la possibilità per un’impresa
partecipante ad una pubblica gara di rinunciare ad avvalersi degli effetti
conformativi del giudicato (in quel caso limitati alla durata residua del
contratto) ed optare per il solo risarcimento per equivalente (Cons. Stato, VI,
n. 7256/2004).
3.1. Si può quindi passare ad esaminare il
merito della controversia.
Con il provvedimento annullato dalla sentenza
impugnata, l’amministrazione ha escluso dalla gara tre imprese, tra cui quella appellata,
ritenendo che “le offerte delle stesse non provenissero da soggetti distinti,
bensì da un unico centro decisionale in situazione di collegamento sostanziale, con evidente
alterazione della par condicio dei concorrenti”
In particolare, venivano riscontrati i
seguenti indizi della provenienza delle offerte da un unico centro decisionale:
caratteri simili ed analoga impaginatura dei tre plichi; presentazione
contemporanea allo stesso ufficio postale, nella medesima ora e con numerazione
progressiva; intrecci di parentela, di abitazioni personali degli amministratori
e di sedi delle tre società; indicazione nell’offerta del medesimo numero di
fax cui inviare le comunicazioni della gara; cauzioni provvisorie rilasciate
dalla stessa società e anche in questo caso con numerazione progressiva del
modello; compilazione a mano della stessa persona con la stessa grafia dei
modelli forniti dall’amministrazione per le dichiarazioni di cui al punto f)
del disciplinare di gara.
Come già detto, il giudice di primo grado ha
ritenuto non sufficienti tali elementi ad integrare l’ipotesi di controllo di
cui all’art. 2359 c.c., richiamato dall’art. 10, comma 1 bis, della legge n.
109/94 ed ha rilevato l’assenza nel bando di gara di una clausola idonea a
consentire l’esclusione per ipotesi di collegamento sostanziale ulteriori rispetto a quelle previste
dalla citata disposizione.
3.2. Il ricorso in appello, con cui la
stazione appaltante contesta tale statuizione, è fondato.
Preliminarmente, appare opportuno ricordare i
principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in ordine
alla corretta interpretazione dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n.
109/1994.
Nelle numerose decisioni, in cui è stata
affrontata la questione, è stato posto in rilievo come la scelta da parte della
pubblica amministrazione del soggetto con cui concludere un contratto di
appalto di lavori pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale
interamente regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione
del miglior contraente possibile, sia dal punto di vista soggettivo (con
riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e
finanziarie), sia dal punto di vista oggettivo, con riferimento all’economicità
dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico. Nel rispetto dei
principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione
amministrativa, enunciati dall’art. 97 della Costituzione, la predetta serie
procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che, a
loro volta, si concretizzano nel principio della par condicio tra tutti
i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del bando di
gara, e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà,
autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni ed
alle previsioni della lex specialis, nonché nella previa predisposizione
da parte dell’amministrazione appaltante dei criteri di valutazione delle
offerte (v, fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004).
Le finalità pubblicistiche cui sono preordinati
tali principi (che possono sintetizzarsi nella esigenza di individuazione del
“giusto” contraente) implicano che al loro rispetto non è vincolata soltanto la
pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla
gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che,
al di là del loro profilo tecnico – economico (specifico oggetto della
valutazione di merito da parte della stazione appaltante), devono avere le
caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, della
indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della
libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere
all’individuazione del miglior contraente possibile.
In tale prospettiva la norma contenuta
nell’articolo 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994 n. 109, secondo cui
“non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in
una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile”
si inquadra nell’ambito dei divieti normativi di ammissione alla gara di
offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da una stretta comunanza
di interessi caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti dal
legislatore capaci di formulare offerte contraddistinte dalla necessaria
indipendenza, serietà ed affidabilità.
E’ ormai pacifico che si tratti di una norma
di ordine pubblico che trova applicazione indipendentemente da una specifica
previsione in tal senso da parte dell’amministrazione appaltante: l’oggetto
giuridico tutelato è quello del corretto e trasparente svolgimento delle gare
per l’appalto dei lavori pubblici nelle quali il libero gioco della concorrenza
e del libero confronto, finalizzati – come delineato - alla scelta del “giusto”
contraente, risulterebbero irrimediabilmente alterati dalla eventuale
presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese
giuridicamente diverse, siano sostanzialmente riconducibili ad un medesimo
centro di interessi, tale essendo quello che – secondo la previsione del
legislatore – si realizza concretamente nelle ipotesi controllo o collegamento societario indicato
dall’articolo 2359 del codice civile (v. sempre, Cons. Stato, IV, n.
6367/2004).
Con la suddetta disposizione il legislatore ha
inteso assicurare all’amministrazione appaltante una specifica (e preventiva)
tutela dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile,
introducendo nella serie procedimentale la normativa sul collegamento e controllo societario
elaborata ai fini civilistici e basata esclusivamente su di una presunzione
assoluta (“…sono considerate…”, così recita testualmente la norma), iuris et
de iure, non suscettibile di prova contraria.
La giurisprudenza ha poi precisato che ciò non
esclude che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario
atte ad alterare una gara di appalto, il che rende legittimo che
l’amministrazione appaltante possa introdurre clausole di esclusione della gara
in presenza di tali ulteriori ipotesi di fatto, con il limite della loro
ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che intende perseguire e cioè la
corretta individuazione del “giusto” contraente (v., fra tutte, Cons. Stato,
IV, n. 6424/2001; n. 923/2002; V, n. 2317/2004; VI, n. 5464/2004).
La stessa giurisprudenza ha precisato che,
proprio in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi
pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando
la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui
all’articolo 2359 del codice civile, dal momento che una tale previsione
farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del
“giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del
procedimento, esponendo quindi l’interesse protetto al pericolo di situazioni
concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari
capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili
Mutuando un concetto proprio della dottrina
penalistica deve dirsi che la tutela apprestata all’interesse pubblico alla
corretta e regolare scelta del “giusto” contraente è finalizzata ad evitare che
il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti,
quand’esso fosse già stato leso o vulnerato sarebbe molto difficile, se non
addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi
dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione che però in ogni caso
comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da
impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai principi di economicità,
speditezza, celerità ed adeguatezza dell’azione amministrativa.
3.3. Ciò premesso, va rilevato che la
fattispecie oggetto del presente giudizio si differenzia da quelle appena
richiamate a causa dell’assenza nel bando di gara di una clausola escludente
per ipotesi ulteriori rispetto a quelle previste dall’art. 2359 c.c. (il bando
richiedeva, infatti, solo una dichiarazione relativa alla situazione di
controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.).
Anche in questo caso si tratta di una
questione già esaminata dalla giurisprudenza.
Con la sentenza della IV Sezione del Consiglio
di Stato n. 5196/2004, premessa l’equivalenza tra la nozione interna di imprese controllate
e quella di fonte comunitaria di imprese collegate, è stato affermato che la ratio della
legge in materia di lavori pubblici consiste nell’evitare il turbamento nello
svolgimento della gara, derivante da situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano
influire sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media, e sulla conseguente
soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza
dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.
Il rispetto dei fondamentali principi della par
condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della
regolarità della procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica
amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i
concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire
un flusso formativo (delle offerte), e informativo in merito alla fissazione
dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti; in presenza
di significativi indizi sintomatici, il rischio di una intesa preventiva si
traduce in una seria e ragionevole presunzione che le offerte dei diversi
concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale.
Nella citata decisione, la IV Sezione ha quindi
ritenuto che, a prescindere dall’inserimento di una apposita clausola nel bando
di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la
provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita
l’esclusione delle imprese,
benché non si trovino in situazione di controllo ex art. 2359 c.c. (altrimenti
sarebbe facile eludere la descritta norma imperativa posta a tutela della
concorrenza e della regolarità delle procedure di gara).
Tale orientamento è stato poi confermato dalla
V Sezione del Consiglio di Stato, che ha ribadito che la circostanza che il bando di gara faccia
esplicito riferimento, come nel caso di specie, solo all’art. 2359 c.c. non può
precludere all’Amministrazione di disporre l’esclusione di imprese che vengano reputate in una
situazione di collegamento
sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere
violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della
correttezza delle procedure. In tale evenienza, infatti, prevale l’esigenza di
assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara ed in
particolare la par condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà,
compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che,
attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o
controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione,
mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente.
L’esclusione dalla gara deriva dall’applicazione diretta dei già richiamati
principi posti a tutela della libera concorrenza, della segretezza delle
offerte e della par condicio dei concorrenti, anche a prescindere da una
esplicita previsione in tal senso operata dal bando di gara (Cons. Stato, V, n.
7894/2004).
3.4. La Sezione ritiene di dover aderire a tale ultimo
orientamento.
Alle condivisibili considerazioni contenute
nei richiamati precedenti, può essere aggiunto quanto segue.
L’art. 10, comma 1 bis, della legge n.
109/1994 richiama le situazioni di controllo ex art. 2359 c.c., ma si riferisce
chiaramente a tutte le imprese
partecipanti alle pubbliche gare, anche se non costituite in forma societaria.
L’art. 2359 c.c. prevede alcune fattispecie di
controllo e di collegamento
riferite alle sole società.
Deve però escludersi che il divieto di
partecipazione (che determina l’esclusione) si applichi solo alle società,
perché è evidente che la ratio del divieto, e lo stesso dato letterale
del citato comma 1 bis, si riferiscono a qualsiasi tipo di impresa, altrimenti
la struttura di impresa non societaria costituirebbe soltanto lo strumento per
frodare la legge.
Deve quindi ritenersi che l’esclusione
prevista dall’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, riguardi non solo
le ipotesi di influenza dominante tipizzate dalle società dall’art. 2359 c.c.,
o le altre fattispecie di controllo societario, ma ogni caso di reciproca
influenza tra le imprese
partecipanti alla gara, idonea a violare il principio della par condicio
e della segretezza delle offerte.
Pertanto, la previsione di cui al citato art. 10, comma 1 bis
(applicabile, come già detto, anche in assenza di specifiche previsioni nel
bando) non è limitata alle ipostesi di controllo societario ex art. 2359 c.c.,
ma si estende a tutti quei casi in cui sussistano indizi chiari, gravi e
concordanti, non previamente tipizzabili, della provenienza delle offerte da un
unico centro decisionale.
Limitare l’applicabilità della norma alle sole
ipotesi di controllo societario tipizzate dall’art. 2359 c.c. significherebbe
svuotarne il contenuto e consentirebbe di eludere facilmente la ratio
del divieto.
Benché sia preferibile che tale divieto venga
rafforzato attraverso espresse clausole del bando di gara, anche in assenza di
tali previsioni nella lex specialis la stazione appaltante deve comunque
disporre l’esclusione di quelle offerte, contenenti i richiamati indizi di una
concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza
da un unico centro decisionale.
3.5. Nel caso di specie, i già descritti
comuni elementi di presentazione delle offerte da parte delle tre imprese escluse costituiscono proprio
quegli indizi gravi, precisi e concordanti della provenienza delle offerte da
un unico centro decisionale (peraltro, si tratta di elementi uguali od analoghi
a quelli riscontrati nelle fattispecie oggetto dei richiamati precedenti
giurisprudenziali).
Nel corso del giudizio, il Consorzio
appellante ha inoltre fornito ulteriori elementi idonei a rafforzare la prova
già acquisita nella procedura di gara: le offerte delle imprese presentano analogie anche
nella concreta formulazione del prezzo (scaglionate sempre per circa un punto
percentuale); dal casellario informatico dell’Autorità di vigilanza sui lavori
pubblici risulta che nell’anno 2004 altre due amministrazioni hanno escluso le
stesse tre imprese
da procedure di appalto per la medesima ragione (situazione di collegamento sostanziale); le modalità
di formulazione delle offerte ricorrono per le tre imprese anche in altre procedure di
gara, pur non essendo stata disposta l’esclusione.
Si tratta di meri elementi aggiuntivi, che
rafforzano quanto già rilevato dalla stazione appaltante in sede di procedura
di gara.
Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dal
giudice di primo grado, sussistevano i presupposti per disporre l’esclusione
delle tre imprese
ai sensi dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, come interpretato
in precedenza, e dei principi generali soprarichiamati.
4. In conclusione, deve essere dato atto della
rinuncia al ricorso di primo grado nella parte relativa all’impugnazione del
provvedimento di aggiudicazione provvisoria, mentre deve essere accolto nel
resto il ricorso in appello e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
respinto il ricorso proposto in primo grado avverso il provvedimento di
esclusione dalla gara.
Attesa la parziale novità della questione,
ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Sesta, dà atto della rinuncia al ricorso di primo grado nella parte
relativa all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
Accoglie il ricorso in appello e, in riforma
della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado avverso
il provvedimento di esclusione dalla gara.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 1-3-2005 dal Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio,
con l'intervento dei Signori:
Mario Egidio Schinaia Presidente
Luigi Maruotti Consigliere
Giuseppe Minicone Consigliere
Lanfranco Balucani Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
Presidente
MARIO EGIDIO SCHINAIA
Consigliere Segretario
ROBERTO
CHIEPPA GIOVANNI CECI
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
il....13/06/2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il
Direttore della Sezione
MARIA
RITA OLIVA
CONSIGLIO
DI STATO
In
Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia
conforme alla presente è stata trasmessa
al
Ministero....................................................
a
norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 9401/2004