Risoluzione delle controversie
La materia della tutela nel settore dei lavori pubblici è assoggettata
ad una serie di regole particolari sia per quanto concerne il riparto delle
giurisdizioni, sia relativamente all’iter processuale. Relativamente al riparto
di giurisdizioni, bisogna distinguere tra la fase dell’affidamento dei lavori e
quella della loro esecuzione: la prima, caratterizzata da atti di connotato
pubblicistico, è riservata alla cognizione del giudice amministrativo;
la seconda, caratterizzata dalla presenza di diritti e obblighi delle parti
discendenti dal vincolo negoziale, è attribuita alla cognizione del
giudice ordinario o, in sua vece, agli arbitri. Relativamente alle norme
processuali, nel corso degli anni sono state emanate numerose norme a carattere
speciale in deroga all’ordinaria disciplina del giudizio amministrativo, che
hanno seguito due direzioni: predisporre meccanismi volti ad assicurare una
sollecita conclusione del giudizio, nonché fissare limiti di vario
genere alla potestà del giudice amministrativo di procedere alla
sospensione cautelare dei lavori.
Definizione delle controversie relative all’affidamento dei lavori
La competenza del giudice amministrativo in ordine alla fase iniziale della
realizzazione di un’opera pubblica in origine riguardava la tutela dei soli
interessi legittimi discendenti dalla sequela di atti volti alla scelta
dell’appaltatore, essendo volta alla censura dei tradizionali vizi degli atti
amministrativi (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere), ma non
anche a decidere su eventuali diritti che fossero insorti in capo alle imprese
concorrenti. Successivi e numerosi interventi legislativi hanno esteso la
competenza, si badi bene, esclusiva del giudice amministrativo in materia di
lavori pubblici, anche all’eventuale lesione di diritti verificatasi nella fase
d’affidamento, concedendogli, tra l’altro, la facoltà, tipica della
tutela dei diritti soggettivi, di emanare provvedimenti volti alla
reintegrazione in forma specifica o al risarcimento del danno ingiusto.
Dal punto di vista procedimentale, il giudizio soggiace alle condizioni di
ammissibilità tipiche del giudizio amministrativo; sono necessari,
cioè, la titolarità in capo alla parte istante di un interesse
legittimo o di un diritto soggettivo, l’interesse ad agire, nonché la
necessaria natura amministrativa dell’atto impugnato.
In materia processuale, come detto, numerose sono le norme che derogano alla
normale disciplina: basti pensare alla riduzione della metà di tutti i
termini processuali, ad esclusione di quello per la presentazione del ricorso;
oppure quelle relative alle particolari norme che regolano la fase cautelare,
caratterizzata dalla necessità di un maggior grado di consistenza sia in
tema di periculum in mora che di fumus boni iuris, senza dimenticare il termine
ridotto per la pubblicazione del dispositivo della sentenza, fissato in soli
sette giorni.
Definizione delle controversie relative all’esecuzione dei lavori
Le vicende dell’esecuzione dell’opera possono determinare l’insorgere, tra
l’appaltatore e la P.A., di controversie dal contenuto più vario,
riguardanti l’esattezza delle registrazioni contabili, le problematiche
relative alla direzione dei lavori, eventuali inadempimenti di obblighi del
contratto a carico delle parti, e così via, ma tutte si concretano in
pretese dell’appaltatore verso l’amministrazione e viceversa. Va posto in
rilievo che sono state dettate norme specifiche relative alla proposizione
delle domande provenienti dall’appaltatore.
Esse rispondono tutte al principio in base al quale le contestazioni relative
all’esecuzione dei lavori mosse dall’appaltatore devono preventivamente essere
segnalate, in forma scritta, mediante l’apposizione di una riserva sui
documenti contabili che sono oggetto di contestazione. La riserva, si badi
bene, non è la domanda giudiziale, ma è un espediente tecnico che
permette all’appaltatore di sottoscrivere il registro di contabilità
facendo salvo il diritto di contestazione e di proporre le proprie domande.
L’onere di apporre la riserva preventivamente alla proposizione della domanda
giudiziale non si sostanzia con l’apposizione di una riserva generica, ma anche
con la proposizione sullo stesso registro contabile delle pretese che la
riserva stesse mantiene in vita.
Tutte le decisioni in ordine alla formulazione delle riserve sono rimesse alla
fase del collaudo e se, a seguito dello stesso l’appaltatore, non vedrà
soddisfatte le proprie domande, dovrà seguire la strada della domanda
giudiziale, le cui norme e il cui procedimento si differenziano a seconda
dell’importo dei lavori previsti dall’appalto, da proporsi davanti al giudice
ordinario, o quella dell’arbitrato
L’arbitrato nell’appalto di lavori pubblici
Tutte le
controversie derivanti dall’esecuzione del contratto d’appalto, comprese quelle
relative al mancato raggiungimento di un accordo bonario in tema d’apposizione
di riserve, possono essere deferite ad arbitri e, nella maggior parte dei casi
le regole per accedere alla procedura arbitrale sono dettate dagli stessi
contratti d’appalto.
Per celebrare il giudizio arbitrale in base a clausola compromissoria non
è necessaria la previa stipulazione di un compromesso, essendo
sufficiente l’iniziativa unilaterale della parte interessata, consistente nella
cosiddetta domanda d’arbitrato, da presentare per iscritto. Con tale domanda la
parte dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento, propone la
domanda e procede, nella parte in cui le spetta, alla nomina degli arbitri, che
deve essere effettuata tra professionisti di particolare esperienza nella
materia dei lavori pubblici.
Secondo le norme del codice civile, il procedimento arbitrale non è
vincolato a regole particolari, ma in materia d’appalto di opere pubbliche
numerose normative speciali hanno posto una serie di paletti da rispettare
Circa i limiti della competenza del collegio arbitrale, specialmente per quanto
riguarda gli atti amministrativi, valgono gli stessi principi che in materia
valgono per gli organi di giurisdizione ordinaria, pertanto il collegio
arbitrale (che è l’unico e solo organo giudicante, mentre non lo sono in
singoli arbitri che lo compongono, privi di un autonomo poter decisorio)
conosce anche della legittimità degli atti amministrativi ma, come il
giudice ordinario, non può né revocarli né annullarli
né modificarli, limitandosi a conoscerne gli effetti in relazione
dell’oggetto dedotto in giudizio.
Le norme dettate in materia di appalti dispongono che la competenza arbitrale
possa essere esclusa con una apposita clausola inserita nei bandi o negli
inviti alla gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata. Ad ogni
modo, in base alla normativa vigente, tanto la parte istante quanto quella
intimata debbono nominare gli arbitri di propria competenza, rispettivamente,
nella domanda di arbitrato e nell’atto di resistenza, restando libere di
ricusare uno o più arbitri nominati.
Il primo atto del procedimento arbitrale è costituito dal tentativo di
conciliazione, espletato al momento della redazione del verbale di costituzione
del collegio, allorquando le parti e i loro difensori sono convocati a tal fine
e se il tentativo sortisce esito positivo, il collegio redige apposito verbale,
contenente i modi e i termini dell’intervenuto accordo.
In caso negativo, invece, si procede all’istruttoria arbitrale, cui segue,
entro 180 giorni decorrenti dalla data di costituzione del collegio, la
pronuncia del lodo, che deve essere assunto secondo le norme di diritto, salvo
che le parti abbiano autorizzato il collegio a pronunciarsi secondo
equità.
Il lodo si forma attraverso tre stadi: conferenza personale di tutti gli
arbitri, deliberazione, redazione per iscritto.
La parte che intende rendere esecutivo il lodo deve depositarlo in originale o
in copia conforme, insieme con l’atto di compromesso, o altro atto contenente
la clausola compromissoria, nella cancelleria del Tribunale nella cui
circoscrizione ha sede l’arbitrato, il quale procede ad una verifica volta al
controllo della regolarità formale del lodo, senza entrare nel merito
della decisione, limitandosi ad accertare la sussistenza di tutti i requisiti
previsti a pena di nullità, e, in caso di verifica positiva, rendendolo
esecutivo.
La decisione resa dal Collegio arbitrale potrà essere impugnata avanti
la Corte d’Appello competente per territorio, proponendo, azione di
impugnazione per nullità, oppure azione di revocazione ed opposizione di
terzo, tutti esperibili indipendentemente dall’avvenuto deposito del lodo
presso la cancelleria del Tribunale.
Successivamente, la sentenza pronunciata dal giudice dell’impugnazione
potrà essere impugnata con ricorso per Cassazione, sia per il caso in
cui l’impugnazione sia stata respinta che per l’ipotesi di accoglimento del
gravame con conseguente dichiarazione di nullità del lodo arbitrale.