La locazione
Nozione e caratteri (art. 1571 c.c.).
La locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far
godere all’altra una cosa mobile o immobile, per un dato tempo, verso un
determinato corrispettivo (art. 1752 c.c.).
La locazione si distingue per i seguenti caratteri:
- è un contratto consensuale e produce effetti obbligatori
tra le parti: infatti, colui che prende il locazione un bene non diviene
titolare di alcun diritto reale sul medesimo, bensì solo del diritto a
godere del bene nei confronti del locatore, per un dato tempo e per un uso
determinato;
- ha per oggetto una cosa mobile o immobile;
- una particolare forma (atto pubblico o privato) è richiesta solo per
le locazioni di immobili di durata plurinovennale (art. 1350 n. 8 c.c.);
- quanto alla durata, la locazione non può eccedere i trent’anni: si
riduce a tale tempo quello eventualmente superiore convenuto tra le parti. Se
il proprietario aliena il bene dato in locazione, l’acquirente è tenuto
a rispettare i diritti del conduttore, purché la locazione risulti avere
data certa anteriore all’alienazione.
Obblighi del locatore (art. 1575 c.c.).
Il locatore è obbligato:
- alla
consegna della cosa in buono stato di manutenzione, nel senso che la
cosa deve essere priva di vizi che possono diminuirne l’idoneità all’uso
convenuto;
- al mantenimento in buon uso, con il correlativo obbligo delle
necessarie riparazioni;
- a garantire il pacifico godimento del conduttore, per l’ipotesi che
un terzo pretenda di avere diritti sulla cosa (ad es. una servitù di
passaggio).
3. Obblighi del conduttore (art. 1587 c.c.).
Obblighi del conduttore sono:
- prendere in consegna la cosa;
- servirsene per l’uso stabilito, commisurato alla durata del godimento del
bene;
- corrispondere il canone stabilito, commisurato alla durata del
godimento del bene;
- restituire la cosa nello stato in cui l’aveva ricevuta, alla scadenza del
contratto.
- effettuare le opere di ordinaria manutenzione (art. 1576 c.c.);
- dare avviso al locatore della necessità di effettuare opere di
straordinaria manutenzione.
Responsabilità
Il conduttore è responsabile della perdita e del deterioramento della
cosa locata che avvengano nel corso della locazione, anche se derivanti da
incendio, a meno che non prova che siano accaduti per causa a lui non
imputabile.
Il conduttore non risponde del deterioramento o del perimento dovuti a
vetustà.
Miglioramenti e addizioni (artt. 1592 e 1593 c.c.).
Il conduttore non ha diritto ad indennità per miglioramenti apportati
alla cosa locata. Se però vi è stato l’assenso del locatore,
questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor
somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della
riconsegna.
Se il conduttore ha eseguito addizioni sulla cosa locata e queste sono
separabili senza nocumento per la cosa, ha il diritto di rimuoverle salvo che
il proprietario preferisca trattenerle. In tal caso però il proprietario
è tenuto a pagare un’indennità pari alla minor somma tra il
valore delle addizioni al tempo della riconsegna ed il costo per effettuarle.
Se le addizioni non sono separabili, ma costituiscono un miglioramento, si
applicano le norme relative al miglioramento.
Sublocazione
Salvo patto contrario il conduttore può sublocare la cosa, ma non
può cedere a terzi il contratto. Nel caso di sublocazione e senza
pregiudizio dei diritti del locatore verso il conduttore, il locatore
può chiedere il pagamento del canone o far valere gli altri suoi diritti
nei confronti del subconduttore.
La nullità o la risoluzione del contratto producono effetto anche nel
contratto di sublocazione.
La locazione di immobili urbani (L. n. 392/1978 e L. n. 431/1998).
In materia di locazione di immobili urbani si è modificata,
con la legge 9/12/98 n. 431, la disciplina dettata dalla legge 27/7/78 n. 393
(meglio conosciuta come legge sull’equo canone) e dal decreto legge 11/7/92 n.
333 (convertito con l. 8/8/92 n. 359).
La legge dell’equo canone, che rispetto alla vecchia normativa vincolistica
doveva segnare un graduale ritorno alla libertà negoziale, dettava
ciononostante una disciplina fortemente limitativa dell’autonomia delle parti.
Per gli immobili destinati ad uso abitativo, infatti, il
canone veniva determinato in base a criteri legalmente prefissati ( il
corrispettivo della locazione non poteva superare il 3, 85% del valore
dell’immobile ed era calcolato in relazione a parametri quali l’ubicazione, la
tipologia, lo stato di conservazione etc.), mentre per assicurare una certa
stabilità la durata minima del contratto era di quattro anni,
rinnovabili alla scadenza per un periodo di ulteriori quattro anni, salvo
disdetta.
Per gli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo,
invece, la legge dell’equo canone fissava soltanto la durata minima della
locazione (sei anni, elevati a nove per le attività alberghiere)
lasciando alle parti la possibilità di concordare liberamente il
corrispettivo. Questa disciplina è tuttora in vigore, perché la
riforma del 1998 ha interessato solo le locazioni abitative.
Un passo importante verso la liberalizzazione delle locazioni abitative fu
compito dal D.L. n. 333 del 1992, che limitatamente agli immobili c.d. nuovi –
la cui ultimazione, cioè fosse successiva all’entrata in vigore della
nuova normativa – escludeva l’applicazione delle norme relative alla
predeterminazione legale del canone: per questi immobili, infatti, il
corrispettivo della locazione poteva essere liberamente concordato dalle parti,
mentre rimaneva ferma la durata legale (quattro + quattro, salvo disdetta). Per
i contratti relativi agli immobili privi del requisito della novità,
conclusi o rinnovati successivamente all’entrata in vigore della legge di
conversione, era prevista la possibilità di concordare un rapporto a
condizioni patteggiate in deroga all’equo canone (c.d. patti in deroga).
L’approdo ad un regime di piena liberalizzazione si è avuto solo con la
recente l. 431/98. La nuova disciplina stravolge il regime degli affitti,
prevedendo per i contraenti la possibilità di seguire due canali
alternativi. Con il primo, quello c.d. libero, il canone di locazione
può essere liberamente determinato dalle parti, ma in cambio il
contratto deve durare almeno otto anni (quattro + quattro) salvo disdetta, nei
soli casi previsti dalla legge. La scelta del secondo canale, quello c.d.
amministrato, comporta, invece, a fronte di una durata più breve (tre +
due), una minore libertà nella determinazione del canone, che deve
adeguarsi, nel più ampio quadro di una convenzione nazionale, al
contenuto di accordi sindacali stipulati a livello locale dai rappresentanti
della proprietà edilizia e dell’inquilino.
Infine la l. 341/98 introduce, per la valida stipula dei contratti, l’obbligo
della forma scritta , a pena di nullità: diventa
così una regola quella che, nel previdente regime delle locazioni
abitative, era un’eccezione riguardante solo le locazioni di immobili di durata
ultranovennale.
E’ importante sottolineare come, in base alla nuova disciplina, per poter agire
per il rilascio dell’immobile, il locatore deve essere adempiente a tutti gli
oneri fiscali, tra cui anche quello della registrazione del contratto.
La registrazione del contratto di locazione è prevista dalla legge a pena di
nullità.
L’affitto (art. 1615 c.c.).
Quando il contratto di locazione ha per oggetto una cosa produttiva, mobile o
immobile, esso prende il nome di affitto, e l’affittuario ha l’obbligo di
curare la gestione della cosa in conformità della sua destinazione
economica e dell’interesse della produzione, facendo propri i frutti e le altre
utilità della cosa.
La normativa è quasi interamente dettata da leggi speciali (in
particolare dalla l. 203/1982 e successive modificazioni) che limitano
l’autonomia privata in tale materia.