Accordi di convivenza
Fra i contratti atipici è diventato frequente il contratto di convivenza, come
surrogato del matrimonio, per regolare i rapporti tra i conviventi, specie
quelli economici e patrimoniali. La convivenza more uxorio si concreta in una
situazione caratterizzata da un complesso di rapporti unificati, sotto il
profilo personale dalla “affectio coniugalis”, sotto il profilo economico dell’
“animus donandi”, e non può quindi essere configurata, nel nostro ordinamento,
come fonte di obbligazione, non potendo considerarsi né un fatto illecito, né
un contratto e nemmeno un “quasi contratto” né tanto meno una “promessa di
matrimonio”. Poiché la convivenza “more uxorio” tra persone in stato libero non
costituisce causa di illiceità, e quindi di nullità di un contratto attribuito
di diritti patrimoniali, collegato a detta relazione, sono ritenute legittime
le obbligazioni liberalmente assunte dai conviventi.
L’accordo di convivenza può essere formalizzato mediante la stesura di un patto
diretto a disciplinare taluni aspetti di natura patrimoniale, al fine di
evitare conflitti durante l’andamento familiare oppure al momento della
cessazione del rapporto, tanto da garantire i diritti successori anche del
partner. Possono stipulare il contratto le coppie di non coniugati, omosessuali
e transessuali che abbiano intenzione di intraprendere un rapporto stabile e
duraturo di convivenza. Gli accordi possono avere la forma di scrittura privata
registrata o possono essere redatti da notaio, e possono regolamentare:
-
l'abitazione comune con le relative spese;
-
inventario, godimento, disponibilità e amministrazione dei beni personali;
-
regime dei diritti acquistati in costanza di convivenza;
-
comodato;
-
diritti ereditari;
-
durata della convenzione;
-
le incombenze e i reciprochi diritti in caso di cessazione della convivenza.