L'origine delle merci
La materia dell’origine è disciplinata, in via principale, dal Codice Doganale
Comunitario e dal relativo Regolamento di attuazione. Il Codice Doganale si
occupa della materia relativa all’origine agli Artt. 22 e seguenti, mentre il
Regolamento di attuazione agli Artt. 35 e seguenti; sempre in materia di
origine intervengono quasi continuamente Regolamenti di fonte comunitaria ed
Accordi internazionali che possono essere conclusi dall’Unione Europea con
singoli Paesi o con blocchi di Paesi. La materia in esame costituisce pertanto
uno degli argomenti insieme più delicati e complessi dell’intero corpus
normativo doganale; l’origine, unitamente al valore in dogana delle merci e
della classificazione delle stesse in funzione del codice di Nomenclatura
combinata / TARIC, costituisce uno degli elementi fondamentali per determinare
l’applicazione della fiscalità comunitaria, di eventuali misure restrittive
(quali contingentamenti alle importazioni) e di eventuali misure accessorie di
tipo eccezionale quali dazi compensativi o antidumping. Si comprende pertanto
il motivo per cui la comprensione dei principi base che disciplinano la materia
dell’origine siano di fondamentale importanza per gli operatori, e perché
l’asse dei controlli delle varie agenzie si stia spostando in maniera sempre
più decisa nel settore delle frodi in materia di origine.
Dato per scontato che l’origine in senso doganale può non coincidere affatto con
la provenienza delle merci (una merce che arriva dalla Russia può avere origine
doganale cinese), le merci estere si suddividono in merci di origine
preferenziale e merci di origine non preferenziale. Gli articoli da 23 a 26 del
Codice Doganale disciplinano l’origine non preferenziale delle merci in
relazione all’applicazione alle stesse della Tariffa doganale comunitaria.
Il punto fondamentale in materia di origine delle merci – e, paradossalmente,
quello più controverso – è quello relativo alla regole che presiedono alla
determinazione dell’origine stessa. Il Codice doganale, agli articoli da 23 a
25, descrive quali sono le condizioni alle quali un determinato prodotto può
essere considerato come originario (in senso doganale) di un determinato
Paese; il riferimento principale è quello del luogo dell’ottenimento, quanto
alle materie prime, ai prodotti del regno vegetale, della caccia e della pesca
salvo. Le precisazioni contenute nelle lettere da f) a j) dell’Art. 23, II
comma, riguardano casi particolari di lavorazione salvo la puntualizzazione di
cui al puntino i) che si riferisce agli scarti di lavorazioni manifatturiere.
La norma del successivo Art. 24 è considerata uno dei riferimenti principali in
materia di origine delle merci nel caso di prodotti sottoposti , e chiarisce
che“una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria
del paese all’interno del quale è avvenuta l’ultima trasformazione o
lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in
un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di
un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di
fabbricazione”. Al di la della formulazione, la norma non offre alcun
concreto elemento per individuare quando una merce oggetto di lavorazione possa
essere considerata originaria di un Paese ovvero di un altro; meno che mai,
offre esempi o indicazioni di quelle che possono essere considerate
“lavorazioni sufficienti” ai fini del conferimento dell’origine al prodotto.
Le
altre norme rilevanti ai fini dell’origine sono quelle contenute negli articoli
35 e seguenti del Regolamento attuativo del Codice Doganale Comunitario; la
prima sottosezione del DAC è dedicata alle materie tessili; le sottosezioni
seconda e terza sono dedicate, rispettivamente, ai prodotti diversi dalle
materie tessili nonché alle disposizioni comuni a tutti i restanti prodotti. La
lettura delle norme appena richiamate rinvia a sua volta agli allegati al
codice doganale comunitario, i quali determinano volta per volta i requisiti
necessari al fine di determinare il carattere originario delle merci. Va
sottolineato, tuttavia, che la determinazione delle regole di origine non è
limitata all’applicazione delle regole contenute nel Codice doganale
comunitario e nel Regolamento attuativo: infatti le regole da applicare per
determinare di volta in volta l’origine doganale di un prodotto o di una merce
postula l’attenta verifica di eventuali accordi bilaterali o multilaterali in
materia di origine, conclusi dall’Unione con Paesi terzi o blocchi di Paesi
terzi. Questi accordi – denominati “accordi in materia di origine” –
costituiscono diritto speciale rispetto alle disposizioni del Codice Doganale,
del Regolamento attuativo e dei relativi allegati; pertanto le previsioni in
essi contenute prevarranno sulle regole generali.
Come abbiamo osservato, gli
accordi sull’origine possono essere presi per uno o più prodotti, e per uno o
più Paesi o blocchi di Paesi: si può pertanto dare la situazione in cui,
rispetto allo stesso Paese, rispetto ad un determinato prodotto (o insieme di
prodotti: classico il caso del tessile) si applicano regole d’origine
determinati dal contenuto degli accordi in materia di origine, e per gli altri
prodotti si applicano le regole generali. In caso di dubbio sull’origine da
attribuire al proprio prodotto l’Azienda può ricorrere allo strumento
denominato Informazione Vincolante in materia di Origine (in prosieguo,
I.V.O.): esso consiste, sostanzialmente, in una istanza presentata alla Dogana
del proprio Paese nella quale viene descritto con precisione il tipo di merce /
prodotto oggetto dell’istanza, l’origine delle materie che lo costituiscono, il
luogo delle lavorazioni, la loro tipologia, il valore EXW del prodotto e quante
altre indicazioni sono necessarie, sulla base della normativa applicabile, a
determinare l’origine del prodotto stesso. Oggetto dell’istanza di IVO è quello
di ottenere dalla Dogana una certificazione che affermi univocamente che
l’origine del prodotto di cui all’istanza stessa è di dell’origine dichiarata.
Ottenere un’IVO è molto interessante soprattutto per le Aziende di
trasformazione che utilizzano come materia prima prodotti provenienti da
diverse parti del mondo, e che poi esportano i loro prodotti finiti; per tutti
questi operatori l’IVO costituisce un importante strumento per definire
univocamente i loro rapporti con i Clienti e per poter utilizzare serenamente
lo strumento della dichiarazione d’origine su fattura – senza limiti di valore
se si tratta di esportatore autorizzato – e senza il problema di eventuali
contestazioni da parte dell’autorità doganale. Tramite la dichiarazione su
fattura, infatti, possono essere sostituiti – per i Paesi che lo consentono – i
certificati EUR 1: questo comporta un risparmio sotto il profilo dei costi di
gestione delle spedizioni.