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Malformazione del feto: risarcimento per mancata di informazione

Nel corso del 2003 è nato mio figlio affetto da gravissime malformazioni scheletriche agli arti. Tutti gli esami eseguiti da mia moglie (ecografie e amniocentesi) durante la gestazione hanno dato esito negativo e, anche per questo motivo, l'evento ha causato un grave shock a tutta la famiglia. La mancanza di informazione ci ha impedito di valutare la possibilità di praticare l'interruzione di gravidanza. Secondo voi quali sono le possibilità di ottenere un risarcimento?

Il caso posto alla nostra attenzione deve essere esaminato da diversi punti di vista:

  • esecuzione degli esami diagnostici;
  • possibilità di praticare l'interruzione di gravidanza;
  • risarcimento per il nascituro e per i congiunti.

In primo luogo è necessario accertare se gli esami effettuati dalla madre erano quelli comunemente ritenuti necessari per il genere di gravidanza che la stessa stava portando avanti.

E' infatti chiaro che se una gravidanza presenta dei rischi specifici (ad es. particolari malattie in famiglia, traumi subiti dalla madre ...) il ginecologo debba prescrivere degli esami mirati a ricercare quelle peculiari anomalie del feto. Diversamente, se la gestazione prosegue normalmente e non ci sono indicatori di rischio, gli esami prescritti possono essere quelli di routine.

Il secondo passo consiste nel confronto tra il tipo di esame eseguito e la malattia riscontrata alla nascita: diverse malformazioni vanno ricercate con diversi tipi di indagine. Altro fattore importante da valutare è l’epoca in cui gli esami sono eseguiti: nella diagnosi prenatale ogni “malattia” deve essere ricercata in un periodo specifico.
Nel nostro caso è assolutamente irrilevante la modalità di esecuzione dell'esame amniotico che, essendo rivolto alla ricerca di anomalie cromosomiche, non è idoneo a rilevare malformazioni scheletriche. Ciò che rileva è invece l'esecuzione degli esami ecografici: i soli idonei a mostrare lo scheletro del bambino.

In assenza di una precisa datazione relativa alle ecografie eseguite nel caso in oggetto, ci limiteremo ad una generica indicazione dei parametri che l'ecografista era tenuto a seguire e che sono valutabili anche da un "non tecnico" e permettono di avere una chiave di lettura dei referti medici.

Dalla letteratura scientifica si rileva che lo screening ecografico delle malformazioni, in generale, deve essere effettuato tra la 20a e la 22a settimana di gestazione; l'epoca migliore per la visualizzazione degli arti e delle estremità (mani e piedi) è quella tra la 18a e la 24 a settimana di gestazione perché in tale periodo la quantità di liquido amniotico è maggiore rispetto al volume occupato dal feto: ciò permette che i movimenti siano più ampi e frequenti...

Trattandosi di una materia particolare, sarebbe di fondamentale importanza la consulenza di un tecnico del settore al quale demandare un giudizio sull'operato dei sanitari coinvolti. D'altre parte, con ogni probabilità, anche il giudice eventualmente investito della decisione in merito si avvarrebbe del c.d. CTU (consulente tecnico di ufficio) ovvero lo specialista in materia tenuto a valutare l'operato di un suo collega.

In ultimo (non certo in ordine di importanza) deve essere valutata la concreta possibilità di praticare l’interruzione di gravidanza nella fattispecie in esame, alla luce della legge 194/1978.

Entro il primo trimestre di gestazione l’aborto può essere motivato: da un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, dalle disagiate condizioni economico-sociali, dalle circostanze del concepimento, o da previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. (art. 4)

Dal 90° giorno di gravidanza, solo le specifiche condizioni previste dagli artt. 6 e 7 della menzionata legge giustificano una siffatta decisione: pericolo di vita per la donna; l’impossibilità di vita autonoma del feto e, allo stesso tempo, un processo patologico (fisico o psichico) in atto per la madre che possa degenerare recando un danno grave alla sua salute.

Non essendo a conoscenza di specifiche informazioni in merito, si può al limite sostenere che se l'anomalia scheletrica poteva essere accertata nel primo trimestre di gravidanza, verosimilmente, il diritto della signora di praticare l’interruzione è stato violato con ogni conseguenza ai fini del risarcimento. Più difficoltoso sarebbe sostenere questa tesi se le malformazioni potevano essere osservate solo in epoca successiva (come abbiamo visto la legge impone dei vincoli molto rigorosi).

Tenga comunque presente che, qualora il ginecologo avesse commesso un errore sarebbe comunque risarcibile il danno da mancata informazione in quanto è stata tolta, a tutta la famiglia, la possibilità di prepararsi psicologicamente all’evento negativo.