Risposta
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare
che la distinzione fra trasferimento "a
domanda" e "trasferimento d'ufficio"
non dipende dal fatto che nella singola
fattispecie vi sia stata una manifestazione
di volontà del dipendente con la
quale questi ha espresso il suo assenso
ad un tramutamento di sede o il proprio
gradimento per la nuova sede di assegnazione,
atteso che il discrimine fra "trasferimento
d'ufficio" e "trasferimento
a domanda" deve piuttosto cogliersi
nel diverso rapporto che intercorre nelle
due ipotesi fra l'interesse pubblico e
l'interesse personale del dipendente;
per cui nel primo caso il trasferimento
é reputato indispensabile per realizzare
l'interesse pubblico, mentre nel secondo
caso é contraddistinto da una prevalente
considerazione per le necessità
personali e familiari contemperate con
le esigenze dell'Amministrazione (Consiglio
di Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2001 n.
332). E’ stato quindi statuito che quando
il trasferimento é diretto a soddisfare
propriamente l'interesse pubblico, sono
da ritenere irrilevanti, al fine dell'attribuzione
dell'indennità di trasferimento,
le eventuali dichiarazioni di assenso
o disponibilità dell'interessato
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 gennaio
2001 n. 332 citata; Sez. IV, 7 novembre
2000 n. 5966; Sez. IV, 12 dicembre 1997
n. 1435; Sez. IV, 24 maggio 1995 n. 353;
quest’ultime tre pronunce specificatamente
afferenti l’assegnazione alle sezioni
di polizia giudiziaria di ufficiali e
sottufficiali della Guardia di Finanza).
Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale
consolidatosi, non vi é alcun dubbio
che il trasferimento per l’assegnazione
presso le sezioni di polizia giudiziaria
delle Procure della Repubblica sia configurabile
quale “trasferimento d’autorità”,
essendo avviato su impulso d’ufficio con
il fine specifico e prevalente di soddisfare
l’interesse pubblico (ripianamento degli
organici della sezione di p.g.) e costituendo
elemento irrilevante la coincidenza di
quest’ultimo interesse con il gradimento
espresso dall’interessato in ordine al
cambio di sede.
La dichiarazione di assenso o disponibilità
al trasferimento risulta pertanto improduttiva
di effetti, rimanendo fermo il diritto
alla corresponsione dell’indennità
di trasferimento di cui all’art. 1 della
legge 29 marzo 2001 n. 86.
2
- I militari in servizio obbligatorio
di leva (compresi gli ufficiali di complemento
di 1^ nomina) possono svolgere attività
private retribuite ?
Risposta
I militari in servizio obbligatorio di
leva - compresi gli ufficiali di complemento
di 1^ nomina - non sono legati all’Amministrazione
della Difesa da “rapporto d’impiego”,
ma da un mero “rapporto di servizio coattivo”.
Non sono perciò rinvenibili, per
tale categoria, norme sancenti incompatibilità
o divieti di svolgere attività
lucrativa privata; né risulta applicabile
l’art. 53, commi da 7 a 13 (applicabili
anche alle Forze Armate e di Polizia),
del decreto legislativo 30 marzo 2001
n. 165 (Norme generali sull’ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), disciplinante le incompatibilità
e le attività retribuite vietate,
posto che la norma ha quale destinatario
il personale, civile e militare, avente
lo status di “dipendente pubblico” (cioè
vincolato da “rapporto d’impiego” con
le amministrazioni pubbliche).
I militari in servizio obbligatorio di
leva potranno quindi svolgere attività
private retribuite durante la libera uscita,
nonché in occasione di permessi
o licenze.
Nello svolgimento di tali attività
é fatto comunque divieto di indossare
l’uniforme (art. 17, comma 5° punto
b), del Regolamento di disciplina militare).
3
- La condanna penale emessa dal Tribunale
Militare comporta le stesse conseguenze
della condanna per reato comune per quanto
riguarda l’annotazione nel casellario
giudiziale ?
Risposta
L’art. 686 del Codice di procedura penale
(le cui norme sono ora contenute nell’art.
3 del “Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia
di casellario giudiziale, di anagrafe
delle sanzioni amministrative dipendenti
da reato e dei relativi carichi pendenti”
approvato con D.P.R. 14 novembre 2002
n. 313) disciplina le iscrizioni nel casellario
giudiziale nella materia penale, sia essa
regolata dal codice penale che da leggi
speciali (quale é appunto la legge
penale militare).
Pertanto, il provvedimento giudiziario
penale di condanna definitiva per reato
militare emesso da organi giudiziari militari
é produttivo degli stessi effetti,
in ordine all’iscrizione nel casellario
giudiziale, dell’analogo provvedimento
per reato comune emesso da organi giudiziari
ordinari.
4
- In sede di procedimento disciplinare
per l’irrogazione della consegna di rigore
é possibile designare quale difensore
di fiducia un militare in servizio presso
un altro Ente ? In caso positivo, cosa
si può fare qualora tale possibilità
fosse negata dal Comandante di Corpo ?
Risposta
Con sentenza n. 37 del 22 gennaio - 5
febbraio 1992 la Corte Costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 15, comma secondo, della legge
n. 382/1978 (Norme di principio sulla
disciplina militare) nella parte in cui
non prevede che il militare sottoposto
a procedimento disciplinare ha la facoltà
di indicare come difensore nel procedimento
stesso un altro militare non appartenente
all’”Ente” nel quale egli presta servizio.
A seguito della predetta sentenza, sia
il richiamato art. 15 sia l’art. 68, comma
1°, del Regolamento di disciplina
militare (D.P.R. n. 545/1986) devono intendersi
modificati nel senso che il militare difensore
può essere scelto anche tra gli
appartenenti ad Enti diversi da quello
in cui presta servizio il militare sottoposto
a procedimento disciplinare. Un eventuale
diniego opposto dal Comandante di Corpo
si rivelerebbe illegittimo, sia sotto
il profilo della violazione di legge che
sotto il profilo della lesione del diritto
di difesa, e renderebbe conseguentemente
il provvedimento sanzionatorio adottato
all’esito del procedimento disciplinare
suscettibile di annullamento, per vizi
procedurali, in sede di gravame gerarchico
o giurisdizionale.
5
- L’essere padre naturale di un bambino,
legalmente riconosciuto, é una
situazione preclusiva all’accesso volontario
nelle Forze Armate o di Polizia ?
Risposta
A seguito della dichiarazione di illegittimità
costituzionale pronunciata dalla Corte
Costituzionale con la sentenza 12-24 luglio
2000 n. 332, risultano oramai espunte
dall’ordinamento giuridico tutte le disposizioni
contenute nelle varie leggi di reclutamento
delle Forze Armate e di Polizia che richiedevano
come requisito essenziale la mancanza
di prole.
La presenza di prole, quindi, non costituisce
più condizione ostativa all’arruolamento
volontario nelle Forze Armate e di Polizia.
6
- Ai militari di carriera in servizio
attivo é fatto divieto di iscriversi
ai partiti politici, tenuto conto che
la legge n. 382/1978 non è chiara
in proposito ?