La perizia
Periti e prova periziale
La perizia è un parere espresso da un tecnico, fondato sulle regole
della pratica e della scienza, per provare qualche fatto o per conoscere la
vera natura di una cosa. Questo parere viene dato ogni qualvolta lo disponga il
giudice ovvero la norma giuridica. Il perito è un teste specializzato.
Il suo compito è quello di valutare esclusivamente dei fatti storici,
secondo i parametri della propria scienza. Egli pur supplendo alle carenze
conoscitive del giudice in un determinato settore della scienza o dell’arte,
non può considerarsi in nessun modo giudice o “con-giudice”. Può
capitare che talvolta i periti, spinti dalla stessa formulazione giuridica
degli interrogativi loro sottoposti si attribuiscano arbitrariamente ed
autonomamente il ruolo di giudici, argomentando e deducendo sulla
validità od invalidità del matrimonio controverso. La
giurisprudenza rotale deplora tale comportamento
Il giudice, nel determinare l’oggetto della perizia deve evitare assolutamente
l’intromissione dell’attività periziale in quella processuale e
giuridica, ed inoltre deve impedire ogni scientificizzazione del giuridico.
Invero solo il giudice può e deve valutare attentamente le conclusioni
dei periti ed eventualmente respingerle, alla stregua di qualsiasi altra prova
che non sia piena e che non vincoli la decisione finale del giudice. Anzi il
giudice stesso che non sia esperto nel campo psichiatrico o psicologico,
può in ogni caso pronunciarsi anche in modo difforme da quanto la
perizia suggerisce.
La perizia è dunque una prova a tutti gli effetti, in quanto strumento
processualmente ben definito, utilizzato dal giudice ai fini della decisione
finale.
Normativa sulla perizia
La prova periziale può essere introdotta dal giudice con o senza
richiesta delle parti. Può essere obbligatoria per disposizioni
normative del codice (can. 1680), ad es. per l’impotenza, cioè per
malattia che impedisce il consenso; tuttavia la medesima norma ammette la
discrezionalità del giudice nell’adottare tale perizia quando risulti
palesemente che la perizia sia inutile tenuto conto delle circostanze.
Le parti hanno facoltà di introdurre nel procedimento delle “perizie di
parte”, da sottoporre al vaglio del giudice. Tuttavia questi deve approvare
l’ammissione dei suddetti periti (can. 1581 c.i.c.) e, a sua discrezione e
prudente giudizio, deve stabilirne il numero in considerazione della natura e
delle difficoltà dei problemi controversi. Può accadere che il
giudice ritenga sufficienti le perizie di parte senza bisogno di ricorrere al
perito d’ufficio.
La scelta del giudice riguardo al perito, dovrà tenere conto non solo
della adeguata professionalità riguardo alle questioni di causa, ma
anche, ma anche all’imparzialità che il perito garantisce. Pertanto il
giudice dovrà escludere quanti abbiano delle posizioni aprioristicamente
preconcette come ad.es. alla nullità matrimoniale (favorevoli o
contrari), o sostengano delle tesi particolarmente vantaggiose per l’una o per
l’altra parte in causa.
Devono essere pertanto esclusi coloro che abbiano legami di parentela e
affinità o anche amicizia con l’uno o l’altro dei contendenti in
giudizio o con questi abbiano avuto o abbiano rapporti economici o
professionali che in qualche modo possono riflettersi sulla questione
controversa in modo da costituire un ostacolo ad un corretto espletamento della
funzione periziale.
Il giudice deve indicare con decreto quali siano i singoli punti sui quali si
deve svolgere l’opera del perito, considerato anche ciò che i
contendenti abbiano eventualmente prodotto. Deve inoltre indicare il tempo
entro il quale il perito dovrà presentare la relazione.
L’individuazione dell’oggetto su cui deve cadere la perizia è di
grandissima importanza per il raggiungimento di quanto ci si propone di
accertare con il giudizio, pertanto il giudice deve dedicare una particolare
attenzione al suo corretto espletamento.
Successivamente alla nomina del perito ed alla delimitazione dell’oggetto su
cui deve vertere la perizia, segue l’accettazione da parte del perito del
compito affidatogli dal giudice.
Peraltro detto perito non è obbligato ad accettare l’incarico, e,
peraltro, deve rifiutarne l’assunzione qualora ritenga che questa esuli dalla
sua competenza specifica ovvero quando il suo compimento sia di intralcio alle
ragioni etico professionali o circostanze particolari che ostino ad un retta
esecuzione. Sarà poi il giudice a valutare queste motivazioni e
deciderà se confermare o sostituire il perito già nominato.
La forma della perizia è scritta, non deve recare disquisizioni teoriche
né rassegne dottrinali che non siano veramente necessarie.
Il can. 1578 § 2 c.i.c. deve indicare il modo in cui si sia pervenuti
all’identificazione delle persone, dei luoghi o delle cose, e quindi la
precisazione del metodo o del criterio che i periti abbiano seguito per
espletare il loro compito.
Il perito gode di ampli poteri per raccogliere i dati necessari al compimento
della funzione commessagli, la cui veridicità dovrà essere
vagliata dal giudice. L’unico limite per l’espletamento della sua funzione
risiede nella legge morale. Gli elementi con cui è costituita la perizia
occorre che siano fedelmente enumerati nella relazione periziale, da cui deve
anche risultare chiaramente se l’esame è stato diretto ovvero solamente
indiretto attraverso gli atti della causa, il cui studio può essere
sufficiente per l’espletamento della perizia.
Nei processi di nullità matrimoniale in cui è richiesta la
perizia, ad esempio per cause di natura psichica, l’attività del perito
consiste in un colloqui iniziale con il periziando, in cui dal modo di esporre,
di vestire, di presentarsi e dai contenuti che questi esprime, il medico
potrà tracciare un quadro iniziale della personalità del coniuge.
Successivamente il soggetto viene sottoposto a delle prove come ad es. il
famoso test di Roscharch, ovvero altri test specifici per il tipo di patologia
che si cerca di indagare.
Può anche capitare che quando la perizia venga richiesta da una parte
per essere effettuata sull’altro coniuge, questi si rifiuti di sottoporsi
all’esame periziale. In questi casi il medico può stilare una perizia
anche direttamente sui documenti processuali basandosi sulle testimonianze e
sugli interrogatori per riuscire a definire la personalità del soggetto
da periziare.
La relazione periziale dovrà terminare con delle conclusioni (can. 1579
c.i.c.) con l’indicazione degli effetti non giuridici, e nelle cause
matrimoniali in particolare, dei dati diagnostici del periziando. Le
conclusioni sono la risposta che il perito dà ai quesiti che il giudice
gli ha sottoposto. Pertanto è necessario che queste conclusioni vengano
adeguatamente motivate.
L’intervento del perito nelle cause psichiche di nullità del matrimonio
è a dir poco fondamentale all’esito del giudizio finale che il giudice
è chiamato a dare. Basta infatti osservare la giurisprudenza rotale per
rendersi conto che l’intervento dei periti sia considerato importante nelle
cause di nullità matrimoniale ogni volta che si tratti di disturbi
nervosi, della personalità, di immaturità, di difetto di
libertà interna.
E’ stato rilevato come difficilmente sia definibile l’influsso della malattia
nel consenso matrimoniale quando ancora questa non sia allo stadio finale; i
comportamenti di un individuo potrebbero, infatti, essere interpretati
erroneamente da una persona non esperta nel campo medico e dunque le
conclusioni in campo giuridico e processuale potrebbero essere difformi dalla
realtà effettiva.
Va aggiunta l’importanza che la Chiesa offre alle ipotesi di incapacità
per motivi psichici o psicologici. L’intervento del perito medico psichiatra
rende pertanto possibile affrontare questa crisi e consente al giudice di
comprendere con maggiore cognizione l’interiorità dell’individuo,
laddove “hanno origine quei fenomeni che devono essere esaminati ed
interpretati”. Un contributo a questa conoscenza è dato dalle scienze
antropologiche, che ad oggi hanno raggiunto un livello molto alto di
approfondimento sull’uomo riguardo alle sue motivazioni di condotta sia sul
piano individuale che su quello collettivo e soprattutto in quello
matrimoniale.
Già in una Allocuzione alla Rota nel 1941, Pio XII affermava che la
giurisprudenza ecclesiastica non può né deve trascurare il
progresso della moderna psicologia e psichiatria, particolarmente nei campi che
sono in relazione con la morale e la legge. Tale discorso è stato
più compiutamente ripreso da Giovanni Paolo II nel 1983 (GIOVANNI PAOLO
II, Allocuzione alla Rota Romana, in A.A.S., LXXV (1983), p. 554-559.) e poi
successivamente nel 1984, alla circostanza tradizionale dell’inaugurazione
dell’anno giudiziario il Papa affermava: “La preoccupazione di salvaguardare la
dignità e la indissolubilità del matrimonio, mettendo argine agli
abusi e alla leggerezza che purtroppo si devono frequentemente lamentare in
questa materia, non può prescindere dai reali ed innegabili progressi
delle scienze biologiche, psicologiche, psichiatriche e sociali”.
E’ da evidenziare come il Papa abbia dedicato nel 1987 il discorso d’apertura
dell’anno giudiziario, interamente alla perizia psichiatrica e psicologica.
Viene apprezzato come queste scienze abbiano fatto per la conoscenza dei
processi psichici della persona e per la cura dei malati. D’altra parte si
riconosce come tali scoperte “non sono in grado di offrire una visione
veramente integrale della visione, risolvendo da sole le questioni fondamentali
concernenti il significato della vita e vocazione umana”.
Il discorso del Pontefice termina con queste importanti affermazioni: “Per il
canonista deve rimanere chiaro il principio che solo le incapacità, e
non già le difficoltà a prestare il consenso e a realizzare una
vera vita di comunione e di amore rende nullo il matrimonio.
Il fallimento dell’amore coniugale peraltro, non è mai in sé una
prova per dimostrare una tale incapacità dei contraenti, i quali possono
avere trascurato, o usato male, i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro
disposizione, oppure non avere accertato i limiti inevitabili ed i pesi della
vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, sia per lievi patologie
che non intaccano la sostanziale libertà umana, sia infine, per
deficienze di ordine morale. Una vera incapacità è ipotizzabile
solo in presenza di una seria forma di anomalia che, comunque si voglia
definire, deve intaccare sostanzialmente le capacità di intendere e/o di
volere del contraente”.